Il tentativo di riformare tramite annunci elettorali a presa rapida quel ginepraio di poteri che è il sistema-giustizia suscita qualche legittima perplessità, Mettere mano alla giustizia in modo serio e profondo richiede passaggi che, avendo la magistratura associata già preannunciato battaglia, si prevedono lunghi. Abbiamo chiesto il parere del professor Sabino Cassese, il giurista che fu Ministro della Pubblica Amministrazione nel governo Ciampi e poi giudice della Corte Costituzionale.

Professore, è davvero “una riforma epocale”, il pacchetto delle tre riforme Nordio?

«Una riforma importante, ma non epocale. Adegua l’assetto della magistratura alla riforma Vassalli, ponendo le condizioni per assicurare la terzietà del magistrato giudicante rispetto alle altre due parti, l’accusato e l’accusatore. È quindi importante per perché rende coerente l’assetto organizzativo con quello funzionale, ma non epocale perché il problema più importante è quello dei tempi della giustizia e quindi dell’enorme arretrato, al quale bisogna provvedere, innanzitutto da parte degli attuali circa 10 mila magistrati, assicurando che facciano davvero i magistrati e non gli amministratori, e aumentandone il tasso di produttività».

L’iter in Parlamento non è scontato, i tempi saranno lunghi. Le incertezze tante. Sarà solo un annuncio o ne vedremo l’approvazione?

«Lei mi chiede di fare l’indovino, un mestiere per il quale non sono preparato. Posso solo dirle che non vedo ostacoli gravi all’approvazione e che auspico non solo che venga approvato, ma che venga approvato con una maggioranza di 2/3 del Parlamento, in modo da non avere i tempi supplementari del referendum».

La separazione delle carriere è un caposaldo di civiltà giuridica. Perché qualcuno, come Anm, parla di “scopo punitivo” e fa muro contro la riforma?

«Ripercorriamone brevemente i capisaldi. Previsione di due Consigli superiori della magistratura con lo stesso tasso di indipendenza. Previsione di un’Alta Corte disciplinare nella quale prevalgono nettamente i 9 rappresentanti dei magistrati. Possibilità di impugnare le decisioni dell’Alta Corte disciplinare alla stessa Corte, evitando così il Consiglio di Stato e aumentando la giurisdizione domestica. Introduzione del sorteggio per scegliere i 2/3 dei magistrati che fanno parte dei due Consigli superiori della magistratura e i 9 magistrati che faranno parte dell’Alta Corte disciplinare. Il vero effetto di questa riforma è quello riassunto a pagina 4 di un libro di una studiosa dell’Università di Roma, Astrid Zei, intitolato “Il diritto e il caso. Una riflessione sull’uso del sorteggio nel diritto pubblico” (Jovene 2023), che esamina i motivi dell’introduzione del sorteggio nel diritto pubblico in generale, concludendo che questo “lungi dal rappresentare una rinuncia alla razionalità, esprime una peculiare razionalità che si contrappone alla forza del numero al fine di scongiurare l’occupazione delle cariche da parte di maggioranze precostituite”. Questo libro illustra molto chiaramente l’uso del sorteggio che è stato fatto nell’antica Grecia, il dibattito che nell’Atene di Pericle si è svolto su questo tema, le riflessioni di Aristotele, fino a illustrare il modo in cui il sorteggio è stato adoperato in epoca più recente, moderna, per la scelta dei coscritti o per l’accesso alle facoltà a numero chiuso. Il sorteggio è ancora oggi adoperato ampiamente in molte circostanze, specialmente nell’ordinamento universitario, ed ha una sua spiegazione proprio quando si vuole evitare che maggioranze precostituite possano fare blocco ed esercitare la forza del numero».

Sarebbe auspicabile un ruolo costruttivo da parte dei magistrati, non è venuto il momento per deporre l’ascia di guerra, da parte di Anm, ogni qualvolta si mette mano a un riordino della giurisdizione?

«Purtroppo siamo abituati da tempo a questa guerriglia interna allo Stato, di corpi dello Stato che si comportano come gruppi di interesse nei confronti di quello stesso Stato di cui debbono attuare le leggi. Tutto questo avviene non solo per l’aggressività dei magistrati combattenti, raccolti al vertice delle correnti, ma anche perché altri corpi dello Stato non hanno esercitato tutti i loro poteri, applicando il principio del mercato, il “laisser faire”, anche allo Stato».

I due CSM, uno per ciascuna delle due magistrature, sono una conseguenza logica della separazione delle carriere?

«Certamente due Consigli superiori della magistratura, ambedue con lo stesso tasso di indipendenza, tengono conto della preoccupazione, che non è solo dei magistrati, di assicurare la più completa indipendenza dei magistrati. Aggiungo che questa stessa indipendenza è purtroppo messa in dubbio dai troppi magistrati che lavorano al servizio del governo, nel ministero della giustizia e in quasi tutte le strutture pubbliche, nonché in organi rappresentativi».

L’Alta corte che giudica i magistrati, sostituendo la sezione disciplinare del CSM, può servire a dare del loro operato un giudizio terzo?

«L’Alta Corte rappresenta un grosso progresso perché, composta di una maggioranza di magistrati, sei giudicanti e tre requirenti, estratti a sorte, è un organo che può svolgere anche la funzione di appello e quindi rafforza il carattere domestico della giustizia disciplinare, così mettendo nelle mani degli stessi magistrati ordinari un compito che oggi è svolto dal Consiglio di Stato. Questo, come è noto, è più volte intervenuto modificando decisioni prese dal Consiglio superiore della magistratura. Mi sembra un passaggio importante, forse non sufficientemente apprezzato dai magistrati combattenti».

Certo ci sarebbe poi da mettere mano al fascicolo di valutazione dei magistrati …

«È un capitolo importante, nel quale le prassi seguite dal Consiglio superiore della magistratura non sono purtroppo molto diverse dalle prassi seguite in tutto il settore pubblico: non c’è una valutazione. Se quasi il 100 per cento ottiene una valutazione positiva, è come se un professore promuovesse tutti i suoi allievi, per di più dando quasi sempre il massimo dei voti».

Il ministro Nordio questa volta fa sul serio, la politica secondo lei coglierà l’occasione?

«Mi chiede una seconda volta di fare l’indovino. Posso auspicarlo, non affermarlo, anche perché la situazione che si è venuta a creare in questi decenni, prodotta dalla riduzione delle immunità previste dalla Costituzione, dalla creazione del circuito mediatico e dalla trasformazione dei magistrati delle procure in giudici della virtù e della moralità farà sorgere molti dubbi nello stesso corpo politico che si trova davanti al compito di sciogliere il grumo di potere costituito dal sistema correntizio, togliendo ad esso il peso che oggi ha, compreso quello di parlare a nome di tutti i magistrati».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.