Tu chiamala, se vuoi, politica fusion. È la svolta che Matteo Salvini ha voluto imprimere alla propria figura politica in un tempo e in un’area in cui imperversa la cannibalizzazione di Giorgia. L’attuale scena politica ha costretto il Capitano a cambiare tattica. Qualcuno potrebbe definire quella di Matteo una scelta priva di baricentro o di un centro di gravità permanente. Altri magari schizofrenica. Procede random. Eppure c’è il sospetto – forte – che in realtà si tratti di una strategia studiata a tavolino. Frutto di un ragionamento.

Emarginare Giorgia

L’obiettivo principale è provare ad arginare l’espansionismo di Giorgia. Che alla Emilio Fede la sera gioca col suo Risiko regionale e sistema le bandierine. Vuole il Nord. Punta ai feudi della Lega. Salvini, allora, ha deciso di farsi concavo. È diventato meno diretto. Persino meno tranchant. Ha recuperato il suo vissuto borghese nel liceo buono di Milano. Anche il look è cambiato: quasi inappuntabile; diremmo elegante (qui pare c’entri, e tanto, la fidanzata Francesca Verdini che conta sempre di più nella sua vita). Si è dato un bel po’ di pizzichi sulla pancia. Ha lavorato su sé stesso. Ha dovuto evitare gli uno contro uno con Giorgia. In questo periodo ne sarebbe uscito ammaccato. E ha partorito la svolta fusion.

La difesa a Toti

Ha lasciato al generale Vannacci il vessillo del celodurismo. Nella speranza che la pancia del Paese non lo tradisca. E piano piano ha ampliato i propri orizzonti, il campo d’azione. Si è intestato la battaglia sul Ponte di Messina che un tempo era il Ponte di Berlusconi e oggi invece porta il suo nome. Lui leader dei leghisti che peraltro prese un botto di voti al Sud. È stato l’unico, l’unico, nel centrodestra sin dal primo momento a difendere Giovanni Toti. Quando altri, Meloni in testa, stavano già pregustando le elezioni anticipate. Lo ha difeso per difendere sé stesso ma lo ha difeso. E ha continuato a farlo. Ancora ieri ha dichiarato: «Io ritengo che Toti sia innocente. Per come l’ho conosciuto in questi anni, persona corretta e dinamica che ha dato uno sviluppo incredibile a Genova e alla Liguria. Era necessario l’arresto di un governatore eletto dai cittadini, a un mese dal voto, e per fatti risalenti in alcuni casi ad anni prima?». Il resto della coalizione è stato costretto a rivedere la propria posizione.

Giorgia in fuorigioco

Sul redditometro ne è uscito vincitore. È apparso come l’uomo che ha determinato il dietrofront. E ha messo Giorgia in fuorigioco. E poi è sua la firma sulla sanatoria edilizia, un mini-condono, uno dei temi storicamente più cari agli italiani. Regala un soppalco o una veranda agli elettori, non te ne pentirai. E poi un altro po’ di fritto misto: dal servizio militare al manifesto troglodita “meno Europa, più Italia” dove l’Europa è simboleggiata da un uomo con i capelli lunghi, la barba e incinto. Una sorta di Sodoma e Gomorra. Come se l’Europa fosse un continente alla deriva nel mare della perversione. Ha deciso di essere di bosco e di riviera. E ha portato a casa anche risultati politici: ad esempio ha costretto Meloni a correggere la rotta in Europa e a tornare a parlare bene di Marine Le Pen storica alleata del Capitano. Fu capitano. Sono finiti i tempi della bestia. E delle felpe militari indossate da ministro dell’Interno. È tornato sui consigli di quella che ha sempre considerato il suo riferimento e che ora non c’è più: Maria Giovanna Maglie cui ha dedicato il suo saggio “Controvento”. Controvento e anche sotto vento. Salvini getta più ami. Le urne diranno se era più strategia o disperazione.