“Le mille partite di Matteo Salvini” è la nuova serie in onda sulla piattaforma della politica italiana. Il leader della Lega ne sta giocando tante, tutte diverse, in Italia, in Europa e anche all’interno del suo partito. Salvini “gioca” come leader di una forza di governo, ma che deve anche lottare dall’opposizione per non perdere l’anima. Da qui il pressing su ogni provvedimento del governo e molto spesso sul nulla. È molto più attivo Salvini fuori che non i suoi ministri che siedono nel consiglio dei ministri.
Salvini “gioca” come segretario e candidato premier del partito più “anziano” nel Parlamento italiano, il più alto nei sondaggi (22%) e nel centrodestra. Ma deve stare attento a non farsi tallonare troppo da Giorgia Meloni: Fratelli d’Italia è quadruplicato nei consensi dal 2018 (era 4,3; oggi è a 17,7%, sopra i 5 Stelle) e, rimasto all’opposizione, rosicchia consensi tra 5 Stelle e Lega. Non sarà un caso se le agende dei due leader sono una rincorsa continua di conferenze stampa, punti stampa, dichiarazioni. Con la differenza che Meloni può attaccare sempre a testa bassa essendo all’opposizione mentre Salvini deve recitare due parti in commedia: di lotta e di governo. Alla lunga può anche stufare. Poi c’è la partita europea. La più difficile e delicata per un partito, la Lega, che è salito al 33% in nome dell’antieuropeismo ma che ha capito che quella strada non avrebbe più portato al governo.
L’incontro ieri a Budapest tra rulli di tamburo e guide rosse con il primo ministro ungherese Viktor Orbán e il capo del governo polacco Mateusz Morawiecki è stato il battesimo di un gruppo politico che si chiamerà “Rinascimento europeo”. È il tassello importante di una strategia di riposizionamento europeo che in questo momento disturba l’asse Macron-Draghi e la presidenza tedesca. E dove Salvini sta rischiando l’osso del collo. Si tratta di tre leader in cerca di autore a livello europeo che condividono una certa idea di nazionalismo, protezionismo e sovranismo. E vedono l’Unione Europa più come un impaccio che come una risorsa. L’incontro capita non a caso nel momento in cui Orbán è uscito dal Ppe (3 marzo) dopo aver creato ogni occasione in questi anni per provocare censure e richiami. Il premier polacco è esponente di punta di “Diritto e Giustizia”, partito di destra, cattolico integralista, contrario – per dirne una – a Next Generation Eu e che sei mesi fa ha indicato Giorgia Meloni alla presidenza del gruppo di conservatori di destra del parlamento europeo che si chiama Ecr. Matteo Salvini è un naufrago in cerca di terra ferma.
Per entrare nel governo Draghi non solo ha dovuto abiurare a tutta una serie di bandiere antieuropeiste issate in questi anni di propaganda ossessiva contro Bruxelles. Ma ha dovuto promettere che avrebbe lasciato – cosa che ha fatto – il gruppo “Identità e democrazia” dove è alleato da anni nientepopodimeno che con Marine Le Pen. Cioè i neonazisti più truci. Salvini si trova così in un cul de sac: non può più tornare indietro e davanti a sé ha solo due possibili case europee, Ecr di Meloni e il Ppe, il partito popolare di Berlusconi e Merkel. Nel primo non può entrare perché sarebbe un riconoscimento della leadership di Meloni. Il Ppe deve mettere un po’ di distanza prima di accogliere al suo interno uno dei suoi peggiori nemici. Mai fidarsi troppo dei lupi che diventano agnelli. Morale della favola, Salvini e la Lega sono in cerca di autore a Bruxelles e a Strasburgo. E nella morsa tra Ecr e Ppe, il tentativo sarebbe costruire una terza soluzione. Un nuovo partito partendo proprio da Orbán e dal leader polacco. O almeno farlo credere per non far vedere che invece sta pagando pegno due volte: a Meloni e a Giorgetti che è l’unico vero interlocutore con il Ppe.
La terza via potrebbe chiamarsi “Rinascimento europeo”. Perché di questo hanno parlato ieri i tre leader in due ore di confronto. E poi in conferenza stampa dove Salvini s’è fatto allestire un palco con lo stellone della Repubblica Italiana. I tre leader, di cui due capi di governo, hanno parlato di Europa e dei ritardi del piano vaccinale su cui anche l’OMS ci ha ripreso per la “inspiegabile lentezza”. Hanno insistito sull’esigenza di un vero e proprio “Rinascimento europeo” per superare l’emergenza sanitaria ed economica. Hanno condiviso una nuova idea di Europa, fondata su temi concreti a partire dalle radici comuni, dalla salute, dal lavoro, dalla sicurezza e dal rinnovamento. «Con il vertice di oggi – hanno detto – parte un percorso per dare una visione alternativa a quella di una Unione Europea burocratica e lontana dai cittadini». Se il percorso arriverà ad un nuovo partito del “Rinascimento europeo” è presto per dirlo. In programma ci sono incontri con altri leader politici ma anche intellettuali, sportivi, docenti universitari. «Per ora siamo in tre ma vogliamo diventare il primo gruppo europeo», ha detto Salvini. «Vuol essere un progetto duraturo per costruire un’alternativa».
Questo progetto italo-ungaro-polacco non può essere gradito a Bruxelles. Soprattutto in questo momento in cui tutte le forze politiche dovrebbero marciare unite per la campagna di vaccinazione. Non è gradito a Strasburgo, al Ppe e a Giorgia Meloni visto che il leader polacco è fondatore di Ecr. E che fa, Morawiecki, molla tutto? È un problema per Draghi che comunque ha Salvini in maggioranza che va in pressing su ogni provvedimento. È un problema per Giorgetti che ha dato la sua parola sulla Lega di governo. E tra i patti c’era l’avvicinamento al Ppe non certo la fronda per il “Rinascimento europeo”. Oppure la cerimonia di Budapest è solo un diversivo. Ma l’azzardo per Salvini sarebbe veramente troppo alto.