Lo spettro del referendum
Salvini è un estremista di sinistra, l’ultima trovata di Travaglio
Oggi ci sarà una manifestazione a Roma, davanti alla Cassazione, per la separazione delle carriere dei magistrati. Promossa dalle Camere penali. Nei prossimi giorni inizierà la raccolta delle firme organizzata da radicali e Lega. La campagna per il referendum sulla giustizia inizia il suo cammino e prima ancora di iniziare semina il panico sia dentro alcuni partiti (parecchi partiti, seppure in forme diverse) sia tra i magistrati (non tutti i magistrati) sia, soprattutto, in quella parte del giornalismo e dell’intellettualità che una volta avremmo definito “la maggioranza silenziosa” (speriamo però che non siano maggioranza).
Magari non tutti sanno a cosa mi riferisco con questa definizione: la maggioranza silenziosa (che in realtà non era maggioranza) era un movimento che si formò ed ebbe un discreto peso nella politica italiana all’inizio degli anni Settanta, in contrapposizione con il disordine e l’anarchia del Sessantotto. Lo guidava un avvocato milanese, ex partigiano, monarchico, che si chiamava Adamo Degli Occhi. La parola d’ordine era “Ordine e Disciplina”. La natura del movimento era classicamente qualunquista. Assomigliava parecchio al movimento Cinque Stelle, anche se non riuscì mai a conquistare il Parlamento. Le sue posizioni erano molto simili a quelle dello schieramento giustizialista di oggi.
Ieri il Fatto Quotidiano, che si è posto alla testa del fronte, ampio, che si oppone ai referendum, anche probabilmente su ispirazione dell’Anm (cioè del partito dei Pm che si è espresso recentemente con il proclama del suo presidente Santalucia) si è scagliato contro Matteo Salvini (che ha schierato il suo partito al fianco dei referendum radicali), accusandolo, in sostanza, di essere un estremista di sinistra. Il titolo principale della prima pagina del giornale di Travaglio espone questo concetto, che poi è sviluppato nelle pagine interne dall’editorialista di punta del Fatto, e cioè Piercamillo Davigo (a proposito: ma è arrivato o no l’avviso di garanzia a Davigo per la scomparsa del dossier Amara?). Davigo nel suo articolo si pronuncia soprattutto contro il referendum che riduce la possibilità per i Pm di usare la custodia cautelare come strumento di indagine.
In effetti l’uso molto spavaldo della custodia cautelare fu la bandiera del pool Mani pulite che all’inizio degli anni Novanta spazzò via la Prima repubblica e i sogni di grandezza dell’Italia del centrosinistra storico. E da allora è diventato un po’ il deus ex machina della giustizia italiana. Oggi circa un terzo dei detenuti è in carcerazione preventiva, cioè sconta una pena molto dura prima di essere condannato dai giudici, avendo, in pratica, ricevuto la condanna dei Pm che dispongono (se hanno un Gip compiacente, e nel 95 per cento dei casi ce l’hanno) di un potere incontrollato su tutta la popolazione e sul potere politico. Davigo rimprovera a Salvini di essere un traditore della destra, perché Davigo, e il Fatto, considerano la destra custode del valore della repressione e della disciplina. In particolare il giornale di Travaglio paventa l’invasione degli immigrati clandestini, che rischierebbero di essere liberati da una eventuale vittoria del referendum, andando a aumentare notevolmente il numero degli irregolari.
Probabilmente Salvini non si aspettava un attacco da destra. Travaglio e Davigo invece hanno pensato – probabilmente a ragione – che sia quello il suo lato più scoperto. Del resto il Fatto, insieme al partito dei Cinque Stelle, in passato ha affiancato Salvini proprio nella campagna contro i taxi del mare e l’invasione dei clandestini. Purtroppo Adamo Degli Occhi, che oggi avrebbe più di cent’anni, non c’è più. Altrimenti avrebbe apprezzato le battaglie di Travaglio. In realtà Travaglio si è sempre considerato un allievo di Montanelli (anche se non sappiamo con certezza che Montanelli ne fosse consapevole) e Montanelli fu tra i giornalisti quello che più appoggiò il Movimento della Maggioranza Silenziosa che a sua volta aveva come principale bersaglio della propria contestazione il Corriere della Sera prima di Spadolini e poi di Piero Ottone.
Il referendum sta destabilizzando tutto il mondo politico. In particolare il Pd, che non sa bene su che sponda buttarsi. Goffredo Bettini, che del Pd è uno dei padri nobili, ha detto che firmerà i referendum. Ma Letta e altri esponenti della maggioranza si sono dichiarati tutt’altro che convinti. Per il Pd la scelta è molto importante: accodarsi ai 5 stelle o compiere finalmente una svolta pienamente liberale? Il tentennamento del Pd i ricorda un po’ il tentennamento che mezzo secolo fa ebbe il Pci. Eravamo più o meno nel 1973. I cattolici volevano un referendum per abolire il divorzio. Pannella si buttò a pesce, perché pensò che quel referendum poteva far fare un salto all’Italia civile e laica. Il Pci invece aveva paura del referendum. Sia perché il divorzio gli piaceva, sì, ma mica tanto; sia perché non voleva rotture con la Dc e il Vaticano; sia perché questa cosa della democrazia diretta non lo esaltava. Alla fine Berlinguer si convinse e gettò tutta la forza del suo partito nella battaglia referendaria. Stravinse. Fu la vittoria sua e di Pannella. La rovina di Fanfani. Beh, ora Letta… Sì, certo: Letta non è Berlinguer.
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