Nel suo saluto al congresso della Lega, Giorgia Meloni si è detta certa che il governo durerà fino alla conclusione della legislatura. Anche perché la maggioranza condivide la “stessa visione del mondo”. Affermazioni, però, pronunciate in un videomessaggio trasmesso prima della relazione di Matteo Salvini.

Non so se si sia pentita della sua generosità dopo la due giorni di Firenze. Non mi riferisco tanto alla riconquista del Viminale rivendicata con una certa tracotanza dal rieletto segretario del Carroccio. Né mi riferisco al veto posto a ogni ipotesi di cambio della guardia nelle Regioni del Nord. Penso soprattutto alla sua dichiarata ambizione, se non di rovesciare, di modificare sensibilmente i rapporti di forza all’interno del centrodestra.

La rottura tra Meloni e un Salvini galvanizzato

Fin qui la rottura (perché di questo si tratta) tra la premier e il vicepremier si sta consumando lontano da occhi indiscreti. Ma l’appetito del segretario della Lega sembra senza freni. Galvanizzato dall’arrivo di Trump alla Casa Bianca e dal feeling di quest’ultimo con Putin (destinato a non durare), l’ex “capitano del popolo” cerca di scavalcare la presidente del Consiglio nelle grazie di Washington e, parallelamente, di consolidare il suo antico rapporto con Mosca. Di qui il grottesco elogio dei dazi americani, il “ghe pensi mi” con gli immigrati se faccio il ministro dell’Interno, lo stop agli aiuti militari all’Ucraina e alle sanzioni alla Russia, il “no” secco al piano di riarmo di von der Leyen, il rilancio di un sovranismo d’antan: se Meloni vuole costruire un ponte con l’altra sponda dell’Atlantico, Salvini vuole estenderlo fino agli Urali. Il gioco è così scoperto che perfino il “mite” e paziente Antonio Tajani sta perdendo le staffe.

Il patto di potere

È probabile che Salvini si accorga ben presto di non avere le risorse politiche, oltre che i numeri, per sostenere alla lunga quella che si presenta come una vera e propria guerriglia contro gli alleati di governo (l’Italia, peraltro, non ha le giungle del Vietnam). Così come è probabile che prevalga l’istinto di autoconservazione di una maggioranza che, più che su comuni valori, si fonda su un classico patto di potere. Ma la posta in palio è assai alta, e può anche darsi che la corda tirata dal segretario del partito di via Bellerio alla fine si spezzi. In questo caso, ogni scenario diventa possibile, anche quello in cui l’inquilina di Palazzo Chigi, per ridurlo a più miti consigli, minacci le elezioni anticipate.