Un digiuno politico è cosa molto seria, non un gioco: lo sapeva bene Marco Pannella; anche quando apparentemente “gigionava” accettando d’esser dipinto da pagliaccio. Si preparava con cura gli obiettivi politici concreti, il “dialogo” con le istituzioni: “Rischio la vita perché la vita, con tutte le sue declinazioni è la posta in gioco”. Digiuni anche estremi: come quando si “disseta” con la sua stessa urina; digiuni per il diritto al diritto: il diritto alla conoscenza. Un digiuno politico è strumento da maneggiare con grande cura. Non è quello che si coglie nell’iniziativa annunciata dal leader della Lega Matteo Salvini e dai supporter. È piuttosto un digiuno (con quali regole?) annunciato per sostenere un “particulare”. Si può apprezzare che per una volta non si ricorre a espressioni supponenti, tracotanti. Piccolo passo in avanti; ma davvero piccolo.

Più utile riflettere sul perché tanti digiuni di Pannella e di altri radicali sono stati ignorati (e ignorate le ragioni che li motivavano), mentre qui si pubblicizza qualcosa che al momento è solo un annuncio. Ricordo un digiuno del 1974 durato un centinaio di giorni. Ignorato da tutti, fin quando Pier Paolo Pasolini, sul Corriere della Sera, apre un dibattito sul “caso” che Pannella incarna. Lettura, ancor oggi attualissima, istruttiva.  «Mi trattano da vivo come fossi morto, pronti, da morto, a trattarmi da vivo», diceva Pannella. Sbagliava. Ora che è morto è gara a chi lo seppellisce e rimuove più in fretta. Anche persone che gli devono, letteralmente, tutto quello che sono. La nonviolenza (non solo il digiuno), deriva da Gandhi, Martin Luther King, César Chavez (non Hugo, per carità), Danilo Dolci, Aldo Capitini… Si associa ad altre pratiche: sit-in, disobbedienza civile, sciopero in quanto tale (a prescindere che si digiuni o meno): per affermare un diritto violato; perché l’istituzione rispetti la sua stessa legge: la applichi, se la ritiene giusta; la muti, se si rivela sbagliata.

Non esiste, insomma, lo sciopero della fame “per solidarietà”. Salvini se vuole usare questo strumento, muti l’obiettivo: digiuni per essere processato, giudicato da un tribunale. Può benissimo accadere quello che capitava a Pannella quando pubblicamente “fumava” uno spinello ritenendo sbagliata la legge che ne puniva uso e detenzione: trovare un giudice a Roma, e non solo a Berlino, che gli dà ragione. Ma così come l’iniziativa è “offerta”, no: non pare cosa seria. Del resto: poco serio è anche un Partito Democratico che vuole rinviare il voto della Giunta, per paura di ripercussioni sull’esito elettorale in Calabria e in Emilia-Romagna; per impedire che Salvini si possa presentare come vittima per avere difeso “i confini dell’Italia”. L’avrebbe comunque fatto.

Come spiegare al Pd che così facendo ha offeso gli elettori di Calabria ed Emilia-Romagna? Davvero il Pd pensa che possano fare presa quelle fanfaluche gridate da Salvini: che a bordo della nave militare italiana c’erano pericolosi terroristi tagliagole, e non poveracci da salvare? Se questo è il timore, meglio farebbero a riflettere sul perché si è giunti a questo punto; e pensare su cosa fare per arginare questa deriva. Capire insomma che è tempo di immaginare politiche con un vocabolario nuovo di sapore antico: sforzarsi di parlare col popolo, nel popolo, per il popolo. Ci provino a dirlo: “PO-PO-LO”. All’inizio faranno fatica; poi è possibile che si rendano conto che è una bella parola, importante… Finalmente saranno capiti; soprattutto capiranno…