La reazione dopo il commento del 'Capitano' alla sentenza che condannava i due carabinieri
‘Salvini sciacallo’, Ilaria Cucchi querelata dal leader della Lega: “Omicidio Stefano? La droga fa male”
“Io e Matteo Salvini siamo stati citati davanti al tribunale di Milano il 23 febbraio alle ore 14. Io come indagata e lui come ‘persona offesa’. Mi ha querelata perché, dopo le sue dichiarazioni rese al momento della sentenza della Corte d’Assise di Appello che condannava, dopo 10 anni, i carabinieri ritenuti colpevoli dell’uccisione di mio fratello io replicai duramente dicendogli, tra le altre cose, che era uno sciacallo“.
Queste le parole di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, il geometra romano ucciso a 31 anni (così come stabilito nella sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Roma del 14 novembre 2019) dal violento pestaggio subito da due carabinieri, condannati a 12 anni per omicidio preterintenzionale, avvenuto nell’ottobre del 2009.
“Mesi dopo – si legge nel posto pubblicato da Ilaria Cucchi sui social – mi è stato chiesto se per caso intendessi rettificare quelle dichiarazioni. Non l’ho fatto”.
IL COMMENTO DI SALVINI – Le sue parole (“Salvini sciacallo”) arrivarono dopo le dichiarazioni del leader leghista che commentò così la sentenza che condannava i due militari dell’Arma: “Se qualcuno lo ha fatto è giusto che paghi, sono vicinissimo alla famiglia e ho invitato la sorella al Viminale, questo caso testimonia che la droga fa male sempre e comunque. Cucchi? Chi sbaglia è giusto che paghi ma da senatore e papà combatterò sempre la droga. Lo posso dire? Posso dire che sono contro ogni genere di spaccio di droga? Posso dirlo o dà fastidio?”. Sulle scuse a Ilaria Cucchi:”Io non devo chiedere scusa a nessuno o devo chiedere scusa anche per il buco dell’ozono?”.
LA PROCURA CHIEDE ARCHIVIAZIONE – La Procura di Milano, che ha chiesto l’archiviazione, scrive questo: “Le dichiarazioni rese da Ilaria Cucchi devono essere valutate nel loro complesso, alla luce del clima di continui e pregressi attacchi alla figura del defunto fratello. Ne consegue che la frase pronunciata dal Senatore Salvini in concomitanza della emissione della sentenza di condanna – momento di forte dolore per la famiglia Cucchi allorquando sarebbe stato auspicabile il silenzio generale – abbia solo esacerbato gli animi dei parenti della vittima, inducendo l’indagata a proferire l’espressione ’sciacallo’ per mera reazione, con il palese intento di utilizzare tale termine nella reale accezione di ‘chi approfitta cinicamente delle disgrazie altrui’.
“Ora potrei andare sotto processo ma lo farò a testa alta” conclude Ilaria Cucchi.
LA PRIMA REAZIONE – Il 15 novembre 2019 Ilaria Cucchi replicò alle parole del leader del Carroccio: “Che c’entra la droga? Salvini perde sempre l’occasione per stare zitto. Anch’io da madre – ha spiegato a Radio Capital- sono contro la droga, ma Stefano non è morto di droga. Contro questo pregiudizio e contro questi personaggi ci siamo dovuti battere per anni. Tanti di questi personaggi sono stati chiamati a rispondere in un’aula di giustizia, e non escludo che il prossimo possa essere proprio Salvini”.
SALVINI BACCHETTATO DAL CAPO DELLA POLIZIA – “Chi nel corso degli anni ha espresso giudizi avventati sulla vicenda Cucchi oggi dovrebbe chiedere scusa ai familiari”. Questa la posizione del capo della polizia Franco Gabrielli dopo le polemiche successive alla sentenza di primo grado.
“Vedo un approccio manicheo, ho imparato a quasi 60 anni che il mondo non è bianco o nero ma ha tanti grigi e che, quando si esprimono giudizi, lo si fa con l’emotività del momento senza rendersi conto che le cose sono più complesse e tutti dovrebbero avere un briciolo di rispetto e di attenzione” ha spiegato Gabrielli il 19 novembre del 2019 aggiungendo poi che l’iter giudiziario è ancora lungo perché “si tratta di un giudizio di primo grado. Tutti coloro che hanno espresso giudizi avventati dovrebbero riflettere, ma essendo un giudizio di primo grado anche un’enfasi contraria dovrebbe essere contenuta” ricordando poi che “i familiari di una vittima hanno sempre il diritto di chiedere giustizia”.
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