Da qualche mese a questa parte Matteo Salvini e Roberto Vannacci hanno deciso di dar vita a una strana forma di leadership politica, che non ha abbandonato del tutto la dimensione della solitudine, pur avviandosi a passi veloci nella direzione di una insolita convivenza coniugale. Non siamo ancora al coming out, ma poco ci manca.
Con il passare delle settimane la leadership leghista diventa sempre più duale: Matteo e Roberto sembrano una coppia di fatto alquanto felice che al momento riesce ad andare d’amore e d’accordo. Nessun litigio, ma tante moine. Il primo continua a fare il mestiere di sempre, pronto a cavalcare tutte le quotidiane polarizzazioni digitali, mentre il secondo è immerso in uno sforzo di conversione religiosa dei suoi vecchi e nuovi e-lettori verso il credo padano. Roberto Vannacci è opportunisticamente funzionale alle toppe che servono a Matteo Salvini per provare a cauterizzare l’emorragia di consensi che va avanti da un po’, così come quest’ultimo è, per l’ex generale, il maestro che pur di vantarsi di avere in classe un alunno bravo e diligente si faceva il giro dell’istituto leggendo a voce alta il compito del suo prediletto, ma solo per legittimare le sue capacità di insegnamento.

Salvini e l’emorragia di consensi

Quindi, Matteo Salvini è però assolutamente cosciente di aver perso per strada diverse e irripetibili occasioni per fare il gran salto, di aver regalato ai suoi avversari, interni ed esterni, qualche quintalata di smalto reputazionale, dote senza la quale dopo la morte e la sepoltura delle ideologie è diventato difficile se non impossibile convincere i cittadini a votarti. E, per la verità, non serve neanche dilungarci nell’elenco dei possibili errori politici commessi o almeno imputabili a Matteo Salvini negli ultimi cinque anni, perché il confronto tra il risultato della Lega alle elezioni europee del 2019 e quello del 2024, previsto dai sondaggi della vigilia, è rivelatore della sua consistenza: la Lega è passata dal 34,26% e una pattuglia di 29 parlamentari eletti, all’8,97% che significa appena 8 seggi presenti nel nuovo Parlamento europeo.

Salvini, le cavalcate social e le dediche al generale

Ecco perché Salvini ha scelto per tempo di gemmare per partenogenesi la propria leadership e farsi implicitamente affiancare, per ora solo come primus inter pares tra tutti gli eletti e dirigenti leghisti, da Roberto Vannacci. Del resto, c’è un dato eloquente che suffraga la teoria della coabitazione silenziosa che si ricava da Instagram.
L’account Instagram di Matteo Salvini, che conta 2.321.328 follower, nel periodo della campagna elettorale per le elezioni europee, precisamente dal 26 aprile all’8 giugno, ha pubblicato 323 post in totale, con una media giornaliera di 7,5 di cui però ben 31 sono quelli in cui il leader leghista parla, commenta e sostiene apertamente il candidato Roberto Vannacci. Un numero nient’affatto scarso, se si tiene conto che l’ex capo dei parà era solo uno dei settantasei candidati che affollavano le liste della Lega nelle cinque circoscrizioni.

I precedenti turbolenti: da Casini-Mastella a Renzi-Calenda

Dappiù la liaison non si è esaurita nella temperie elettorale, anzi, è proseguita anche dopo, infatti, sempre sull’account Instagram sono continuate le pubblicazioni pro Vannacci con un’altra decina di post che a vario titolo erano tarate per valorizzare il legame valoriale e soprattutto di scopo instauratosi tra il leader e il neodeputato.
Per ora, la convivenza è tutta rosa e fiori e nulla lascia presagire che possa minimamente incresparsi, ma i prossimi mesi saranno decisivi in tal senso, anche perché se ci fermiamo alle esperienze vissute negli anni della seconda Repubblica, ci sono in tal senso dei precedenti abbastanza turbolenti. Si parte con la coppia post-democristiana composta da Pierferdinando Casini e da Clemente Mastella che dopo aver dato vita al CCD si sciolse dopo qualche anno.
Nel decennio passato abbiamo avuto l’esperienza traumatica del PDL che portò in tempi brevissimi alla separazione tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, senza dimenticare di recente l’esperimento innaturale, vista l’inconciliabilità caratteriale di partenza, tra Matteo Renzi e Carlo Calenda.

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Domenico Giordano è spin doctor per Arcadia, agenzia di comunicazione di cui è anche amministratore. Collabora con diverse testate giornalistiche sempre sui temi della comunicazione politica e delle analisi degli insight dei social e della rete. È socio dell’Associazione Italiana di Comunicazione Politica. Quest'anno ha pubblicato "La Regina della Rete, le origini del successo digitale di Giorgia Meloni (Graus Edizioni 2023).