Sono passati 140 giorni da quando è stato ritrovato il corpo di Saman Abbas nel casolare a pochi metri da casa. Il ritrovamento nel rudere di Strada Reatino a Novellara di Reggio Emilia, sotto indicazioni dello zio Danish Hasnain. E ancora più tempo è trascorso dalla morte della 18enne avvenuto tra il 30 aprile e il primo maggio 2021. A quasi due anni da quell’omicidio avvenuta presuntamente per mano della sua stessa famiglia, per aver rifiutato un matrimonio forzato con un cugino in patria, la ragazza non ha ancora avuto degna sepoltura e nemmeno un estremo saluto.

Secondo quanto ricostruito da il Mattino, i genitori di Saman restano indagati (insieme ad altri tre familiari tra cui lo zio Danish) e a piangere la sua morte c’è il fratellino che da poco ha compiuto 18 anni. Vive ancora in Italia in un luogo sicuro, sarà lui a dover stabilire per la sepoltura della sorella. Ma intanto a ricordare Saman, è sorto un piccolo altarino spontaneo intorno a quel rudere dove è stato trovato il corpo della ragazza. Qualcuno ha lasciato delle rose bianche accanto al nastro rosso e bianco che delimita la zona ancora sotto sequestro. Poi pupazzetti, nastri, foto, fiori e letterine lasciate da qualcuno in sua memoria. Ma una vera tomba e un vero estremo saluto Saman non l’ha mai avuto.

I resti del suo corpo restano conservati in laboratorio. Questo per consentire ulteriori eventuali indagini durante i diversi gradi di giudizio del processo. La raccolta degli ultimi reperti utili da parte dei militari si è chiusa con un prelievo di circa due quintali di terra nell’area dove era stata seppellita Saman e restano conservati in container custoditi nell’aeroporto di Linate, a disposizione dei periti forensi del tribunale di Reggio Emilia incaricati di redigere una perizia tecnica. L’edificio diroccato intanto resta sotto sequestro da parte della magistratura. La sindaca di Novellara ha firmato un’ordinanza per evitare fenomeni di turismo macabro.

Il 14 aprile riprenderà il dibattimento davanti alla Corte d’Assise di Reggio Emilia. Il processo vede imputati i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq (tutti e tre in carcere), la madre di Saman, Nazia Shaheen (ancora latitante) e il padre Shabbar Abbas, in cella in Pakistan dopo essere stato arrestato il 15 novembre. Quest’ultimo comparirà davanti al giudice di Islamabad l’11 aprile, udienza nella quale si discuterà della fattibilità del videocollegamento con l’Italia al quale ha acconsentito in attesa che venga presa una decisione sull’estradizione.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.