Il santo compie il miracolo
San Gennaro, ora sia la politica a fare il bene della città
Il fazzoletto bianco sventola dall’altare maggiore della Cattedrale alle 9 e 26. Gli applausi della folla sono cominciati già qualche istante prima, mentre l’arcivescovo Mimmo Battaglia attraversa la navata reggendo l’ampolla principale e guidando il corteo partito dalla cappella del Tesoro, dove la reliquia viene prelevata per dare inizio alle celebrazioni di San Gennaro, il santo patrono di Napoli. I fedeli sui banchi più vicini al corteo notano per primi il sangue muoversi all’interno dell’ampolla.
La conferma la dà don Battaglia una volta raggiunto l’altare: «Il segno del sangue ancora una volta», dice. Il miracolo si compie e la città tira un sospiro di sollievo perché la liquefazione del sangue del patrono è di buon auspicio. Dopo due anni in cui l’accesso al Duomo è stato limitato a causa delle restrizioni dovute alla pandemia, ieri la chiesa è tornata gremita. Tra i presenti, anche il vicepresidente della Camera e coordinatore di Italia Viva Ettore Rosato, il ministro della Cultura Dario Franceschini, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, e poi il governatore della Campania, il sindaco e il prefetto di Napoli.
E proprio alla politica don Battaglia si riferisce quando rivolge a San Gennaro una preghiera: «Insegna a chiunque ricopre un ruolo di responsabilità e di governo e a chiunque ambisce a ricoprirlo che il potere senza amore è destinato a far male agli altri come a sé, mentre il servizio autentico e disinteressato, mosso dall’amore per il bene, rimane nella memoria grata alla storia». A chi abita la città, invece, don Battaglia ricorda i mali della camorra e la necessità di contrastarli «ridestando il “noi” in chi si occupa di educazione». Chiede nuova speranza per i più fragili e intona i versi della canzone “Gente magnifica gente” parlando ai napoletani, a chi «è vicino e distante», a «chi sente e fa finta di niente». «Il vero miracolo – dice – è la liquefazione dei grumi sociali fatti dalle promesse non mantenute».
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