Hanno protestato come avevano annunciato: lunedì 18 maggio, mentre le attività di tutto il Paese o quasi ripartivano dopo mesi di lockdown a causa del coronavirus, i maestri presepiali di San Gregorio Armeno hanno incrociato le braccia e messo in atto la serrata. L’azione è stata promossa dall‘associazione culturale Corpo di Napoli, che ha riunito le storiche botteghe – hanno aderito in blocco – del “museo a cielo aperto” nel centro di Napoli per chiedere un sostegno economico alle istituzioni vista la grave crisi nella quale versa il comparto. Gli artigiani sono infatti vittime della brusca frenata che il turismo ha subito a causa della pandemia da Covid-19. La protesta, fanno sapere, continuerà a oltranza.

“Oggi abbiamo abbassato le serrande come forma di protesta – ha dichiarato Gabriele Casillo, dell’associazione Corpo di Napoli – ma questa protesta andrà avanti a oltranza fino a quando De Luca non deciderà di ricevere i rappresentanti degli artigiani. Noi non siamo attività commerciali comuni, facciamo parte di un pezzo di storia che va salvaguardato in ogni modo. Invece rischiamo di pagare un prezzo altissimo per il Coronavirus – prosegue – nell’indifferenza delle istituzioni. Il sindaco de Magistris si è impegnato a darci una mano ma finora non abbiamo ancora visto nulla di concreto. Abbiamo scritto al presidente Conte e al presidente della Repubblica Mattarella, salvare l’artigianato di San Gregorio Armeno significa salvare una tradizione secolare che ha fatto e continua a fare la fortuna della nostra città. Ci auguriamo di essere ascoltati al più presto e di essere aiutati a sostenerci e a ripartire. Non chiediamo altro”.

Gli artigiani sono stati ricevuti negli scorsi giorni dal sindaco Luigi de Magistris. Chiedono un incontro anche al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca e garanzie su fondi e sulla ripartenza del turismo. La proposta dell’associazione Corpo di Napoli è quella di sollecitare l’investimento da parte di grandi marchi internazionali per sponsorizzare la strada. Molti i ‘maestri’ presepiali che denunciano di dover probabilmente chiudere la loro attività visti i costi di bollette e fitti che continuano ad arrivare. Durante la protesta gli artigiani hanno mostrato un cartello che recitava: “Io non apro #salviamoilpresepe le botteghe di San Gregorio Armeno muoiono e con loro la storica tradizione di Napoli, si perderà l’indotto produttivo da noi generato e ne soffrirà inevitabilmente la città tutta e la Regione Campania“.

Solo ieri l’Associazione Corpo di Napoli aveva diffuso una nota nella quale chiedeva “alle istituzioni di incoraggiarne la sopravvivenza elaborando, con urgenza, una visione strategica, precisa ed univoca. Per questi motivi sono stati già rappresentati al Sindaco di Napoli i sostegni e le agevolazioni che preserverebbero la vita non solo delle botteghe ma di tutto l’indotto; pertanto chiediamo ancora: la liquidazione di un contributo a fondo perduto, da riconoscersi a decorrere dal mese di marzo 2020 fino al mese di dicembre 2020, necessario per sostenere le spese mensili delle locazioni commerciali, delle utenze e dei servizi, nonché gli inevitabili costi per sanificare gli ambienti e rispettare le disposizioni per riaprire in sicurezza i locali e i laboratori; l’abolizione delle imposte TASI e IMU; la rimodulazione dei costi dell’energia elettrica da pagarsi al netto del consumo effettivo; il prolungamento della cassa integrazione“.  “E in spirito propositivo – continuava – abbiamo suggerito il coinvolgimento di un nuovo attore, anche internazionale, ovvero di uno o più sponsor che garantiscano l’iniezione diretta di capitali. Lunedì 18 maggio, anche se autorizzati alla riapertura, le saracinesche resteranno abbassate in segno di protesta affinché si materializzi un concreto e fattivo ascolto che non si esaurisca in una vana promessa o in uno slogan, ma si traduca in azioni finalizzate alla conservazione e salvaguardia della Via del Presepe”.

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