La crisi spagnola che può indebolire l'Ue
Sánchez traballa, le inchieste contro moglie e fratello e quelle scarpe pulite durante l’alluvione di Valencia
Timori per le 3 indagini contro esponenti socialisti di spicco, verso la moglie e il fratello del premier. L’Italia può ancora vantare stabilità, ma il terremoto a Madrid renderebbe l’Europa meno credibile
Dopo Germania e Francia, potrebbe essere la Spagna il prossimo paese a trovarsi sulle montagne russe. Il governo del socialista Pedro Sánchez sperava di brindare all’anno nuovo con la finanziaria approvata. Probabilmente non sarà così. Nonostante l’economia spagnola vada in controtendenza rispetto a quella europea: crescita tendenziale dell’0,8% del PIL nel terzo trimestre 2024, inflazione sotto controllo, nuovi posti di lavoro.
Inchieste contro moglie e fratello del premier
A un anno e mezzo dalle elezioni che lo hanno confermato per la terza volta inquilino della Moncloa, Sánchez non riesce a sfruttare le performance economiche per garantirsi la stabilità almeno sul breve periodo. È la magistratura a fargli perdere il sonno. Sono tre le diverse inchieste condotte contro alcuni esponenti socialisti di spicco, ma soprattutto verso la moglie e il fratello del premier. I giudici hanno avanzato accuse di corruzione nell’assegnazione di appalti pubblici e abuso di potere in favore dei propri familiari. Secondo la stampa vicina al governo, però, si tratta di giudici legati al Partido Popular. E comunque alcuni degli appalti in questione non sono nemmeno stati assegnati. Ciò non toglie che l’immagine di Sánchez si sta sbiadendo. Ancora a fine novembre, El Español diceva che la sua popolarità era ai minimi storici; solo il 26% dei cittadini spagnoli intervistati confermava di sostenerlo. Mentre – per la prima volta dal voto di maggio 2023 – emergeva una maggioranza a sostegno del leader dell’opposizione, Alberto Núñez Feijóo.
L’alluvione di Valencia e le scarpe pulite
A incrinare il buon rapporto con l’elettorato era stato, per prima cosa, l’atteggiamento della moglie Begoña Gómez, accusata appunto di sfruttare la sua posizione di first lady e di appropriazione illecita di software dall’Università Complutense di Madrid (ateneo di cui lei è dipendente). Tuttavia è stata l’alluvione di Valencia ad aver davvero compromesso le cose. Lo scatto di Sánchez, impacciato e con le scarpe pulite, ha fatto da contrasto con quella di Re Felipe VI e della Regina Letizia che – pur presi di mira da badilate di fango e insulti – non si sono sottratti dal tentare di ascoltare le vittime.
Tra le grandi nazioni d’Europa – Francia, Germania e Italia – la Spagna era la sola che, fino a poco tempo fa, vantava un governo di sinistra solido. A Berlino il socialdemocratico Olaf Scholz non può permettersi nulla di tutto questo da mesi. Mentre Francia e Italia, qualora fosse necessario dirlo, sono in mano a governi di altri colori. Peraltro, tra le due, solo il nostro paese può dirsi vaccinato contro una qualsiasi instabilità di governo. Ora, parlare della Spagna come dell’ennesimo contagiato dal male della democrazia rischia di essere una forzatura. Una crisi di governo fa parte del gioco. E in ogni caso Madrid è riuscita a guadagnarsi una tra le poltrone di maggior peso della Commissione Ue, con Teresa Ribera responsabile del dossier concorrenza. Con un risultato del genere è difficile parlare di Sánchez come di un leader in affanno.
Le inchieste viziate dalla politica
D’altra parte due elementi minano queste certezze. Le inchieste in corso sono effettivamente viziate dalla politica. È segno che, nemmeno a Madrid, quest’ultima è in grado di giocare le proprie partite senza incorrere nella compiacenza dell’arbitro. Altrettanto grave è il tentativo del mondo populista di trarre vantaggio da questa situazione. Junts e Podemos hanno già detto di non essere certi che voteranno la fiducia alla finanziaria. A meno che Sánchez non faccia delle concessioni alle loro richieste. Quali? Manco a dirlo, gli indipendentisti catalani chiedono maggiori fondi per la propria regione. Podemos, a sua volta, è ancora più radicale: le sue pretese andrebbero dalla rottura delle relazioni diplomatiche con Israele all’introduzione di vincoli più serrati sugli affitti. Sono tutte istanze su cui il governo potrebbe anche cedere. Finora Sánchez si è sempre dimostrato conciliante con i catalani e ha assunto posizioni di sinistra-sinistra su Israele. Da maggio di quest’anno la Spagna riconosce formalmente la Palestina come uno Stato.
Tirando le somme – nella proverbiale interpretazione dei fatti alla Agatha Christie style, per cui due indizi fanno una coincidenza ma ne serve ancora uno per ottenere una prova – se al caso della magistratura politicizzata e a quello del populismo sempre pronto a mettere sotto scacco il governo si aggiungesse la caduta dell’esecutivo, saremmo di fronte sì a una prova. La prova che non basta avere un’economia efficiente per essere immune dal canto delle sirene del populismo. La prova che il 2025 sarà per l’Europa un anno davvero di sfide. E che, con le locomotive francese e tedesca in affanno e le nuove incertezze che aleggiano su Madrid, per Ursula von der Leyen e per Giorgia Meloni sarà dura convincere il mondo che siamo coesi e credibili.
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