Calle de Ferraz, la via di Madrid che ospita la sede del Partito socialista spagnolo, vive una quotidianità sospesa da quando il premier Pedro Sanchez ha raggiunto l’intesa con Junts per Catalunya di Carles Puigdemont. Da diversi giorni, ogni sera si riuniscono centinaia o migliaia di persone per manifestare contro l’accordo di governo e per denunciare soprattutto l’amnistia promessa da Sanchez ai secessionisti condannati per la dichiarazione unilaterale di indipendenza del 2017. Questo moto di protesta è solo uno dei tanti che caratterizzano la vita della Spagna in questa convulsa fase della propria vita politica.

Ieri si è accesa anche la facoltà di diritto della Università di Madrid. Sulle scale dell’ateneo un centinaio di studenti con le bandiere spagnole o della piattaforma Revuelta hanno intonato cori contro Sanchez e Puigdemont, dandosi infine appuntamento sempre nella stessa via del centro di Madrid, là dove ha sede il partito socialista. La destra spagnola non sembra intenzionata a cedere, e questo nonostante sia ormai giunto il giorno del voto per la fiducia a Sanchez. Passaggio necessario per avviare la legislatura dopo quattro mesi di paralisi. Tutto sembra remare in favore della conferma del premier uscente già oggi, con il primo voto. Il Psoe, alleato con la sinistra di Sumar, ha concluso accordi con gli indipendentisti catalani di Erc e Junts, con i baschi di Eh Bildu e Pnv, con i galiziani del Bng e con il partito delle Canarie, il Cc. Una coalizione eterogenea che permette a Sanchez di governare, ma che secondo i critici – e non solo da parte della destra – mette l’esecutivo e la Spagna di fronte a una fase molto complessa per due ragioni.

Da un lato per il fatto di essere costretto a cedere nei confronti di partiti che rappresentano solo parti minoritarie, locali e radicali. Dall’altro lato perché molti critici si chiedono come possa essere assorbito dall’ordinamento un accordo di governo con un movimento che ha preteso l’amnistia per reati considerati gravi, oltre che il mantenimento del cento per cento delle tasse esclusivamente in Catalogna. Per Madrid può trattarsi di un momento decisivo della propria storia democratica, o quantomeno di un bivio istituzionale e di modo di governare il Paese. Il Psoe e Sumar sono convinti che la rotta intrapresa da Sanchez sia quella che serve per ricucire le ferite del referendum incostituzionale del 2017, dando così il via a un nuovo modo di rapportarsi con le diverse realtà politiche nazionaliste.

Da destra il Partito popolare e Vox incalzano. Il partito di Santiago Abascal prova a riprendersi i consensi perduti nelle scorse elezioni rafforzando la protesta nelle piazze e puntando allo scontro frontale. Il partito di Alberto Nunez Feijoo, il più votato della precedente tornata elettorale ma non in grado di raggiungere la maggioranza assoluta del parlamento, ha organizzato manifestazioni di massa nel Paese, con la presidente della comunità di Madrid, Isabel Ayuso, sugli scudi. Qualche osservatore e alcune associazioni civiche hanno suggerito al leader popolare di rivoluzionare la propria tattica, offrendo a Sanchez l’astensione del proprio partito nel voto di fiducia in cambio del mancato accordo con i secessionisti. Una scelta che servirebbe anche a svincolarsi dalla protesta più affine a Vox. Ma il Pp, per fattori interni, tattica in vista di possibili elezioni anticipate e per i rapporti tesi con Psoe e Sumar, ha scelto un’altra strada. E oggi può chiudersi la partita.