Pochi passi in avanti
Sanità campana, altro che eccellenza: caro De Luca, c’è ancora tanto da fare…

Il Forum di Sorrento “Verso il Sud” è stato seguito da aspre polemiche, tra la rissa verbale a distanza tra De Luca e la ministra Carfagna e la rumorosa assenza della Regione, della Provincia di Salerno e di quasi tutti i sindaci alla presentazione da parte della ministra per il Sud del contratto di sviluppo da 250 milioni di euro, in via di stanziamento.
L’individuazione di un nuovo metodo, tendente a scavalcare enti nazionali e regioni, puntando direttamente sugli amministratori per una riscossa del Sud ha visto la decisa, e inevitabile, resistenza del Presidente De Luca. E a testimonianza di un potere granitico, gli stessi amministratori salernitani si sono schierati dalla sua parte. Il Presidente De Luca rivendica i buoni risultati della Regione rifiutando ogni logica di scavalcamento. Anzi rilancia, tornando ad attaccare il criterio di riparto del Fondo sanitario nazionale, è la Regione ad essere penalizzata dallo Stato per l’uso criteri vecchi e iniqui. I conti sono sicuramente a posto: la sanità campana – come quella di tutte le altre Regioni commissariate o soggette a piano di rientro – appare ampiamente risanata. A lacrime e sangue.
La questione semmai investe la qualità. De Luca fa ammontare lo “scippo” sui criteri a 220 milioni di euro; se a ciò si aggiunge che l’Italia avrà sette miliardi dalla Ue nell’ambito del Piano Next Generation EU per finanziare le strutture sul territorio e i progetti di telemedicina, indubbiamente sono in ballo molte risorse. Tuttavia un primo giudizio limitato alla sanità campana può essere dato ricorrendo ai dati oggettivi. La sanità, come ogni altra politica, è scandita in prestazioni da soddisfare, che consistono in diritti da soddisfare o processi da ottimizzare. I l.e.a. sono appunto i livelli delle prestazioni nel campo dell’assistenza, da assicurare su tutto il territorio nazionale. Ebbene, gli ultimi dati relativi al loro soddisfacimento sono quelli del 2019, pubblicati l’anno passato. La Campania, allora ancora in commissariamento, aveva fatto registrare un livello 168, di poco superiore alla sufficienza (pari a 160), lasciandosi dietro tre regioni deficitarie (Calabria, Molise, Sardegna nonché, a sorpresa, la Provincia autonoma di Bolzano).
Livello in netto miglioramento, ma comunque piuttosto staccata dalle altre regioni meridionali, pure soggette a piano di rientro, che hanno avuto performance migliori. L’esame dovrebbe scendere più nello specifico, perché un discorso a sé andrebbe fatto per ogni prestazione, dai tempi di attesa per una prima visita, al numero dei parti cesari per le primipare, ai tempi delle operazioni per le fratture al femore, alla diagnostica, agli obiettivi per le vaccinazioni, alle reti tempo-dipendenti, ai centri antidiabete, per la procreazione medicalmente assistita. Una valutazione dunque molto complessa, da cui uscirebbero eccellenze come, su qualche piano, gravi carenze.
Il voto finale, sicuramente non esaltante ma neanche disprezzabile, è dunque la risultante di una sommatoria di situazioni tra le quali esistono indubbiamente delle criticità su cui lavorare: si pensi alla medicina territoriale, ai tempi per le visite con ricorso a strumentazioni, al tema annoso dei budget per la medicina convenzionata, alla chiusura di intesi reparti per carenza di personale ed altro ancora. Certamente un aumento delle risorse disponibili potrebbe aiutare.
Diciamo anche che gli anni del Covid, non ancora considerati dalle griglie l.e.a. verosimilmente hanno peggiorato la situazione, come in tutto il Mezzogiorno, ma per quanto seri (vedi visite oncologiche) dovrebbero trattarsi di effetti congiunturali. Certo, segnalano una situazione di fragilità. Né rassicura il recente giudizio della Corte dei Conti sui bilanci degli anni scorsi dell’Asl Napoli 1 Centro, con il “permanere di significative criticità e irregolarità”. C’è tanto da fare.
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