L'intervista
Sanità e collaborazione tra pubblico e privato, Gallera: “La Lombardia è un modello. San Raffaele e Policlinico i primi due IRCCS d’Italia”
Giulio Gallera, già assessore regionale alla Sanità difende il sistema pubblico-privato «San Raffaele e Policlinico di Milano sono i primi due IRCCS d’Italia»
Parliamo di collaborazione del privato alla sanità pubblica. Un tema che finisce sempre per suscitare dibattito, tra chi lo ritiene unica via per un sistema sanitario più efficiente possibile e chi avverte di fondo l’odore del lucro, in un settore dove lo spirito di servizio è il cardine. Le strutture ospedaliere, le fondazioni: modello o rischio?
«Intanto va detto che vi sono vari modelli di collaborazione tra pubblico e privato. Regione Lombardia è l’unica regione che prevedendo la libertà di scelta nella cura, nell’interesse del cittadino ha aperto la sanità pubblica alle realtà delle strutture private e convenzionate. Poi c’è il sistema delle fondazioni che convogliano finanziamenti verso gli ospedali. Sia esterne o promanazione degli istituti stessi, fanno pienamente parte di questo sistema virtuoso: quando si fa attività di ricerca o si progredisce nelle tecnologie, i benefici ricadono su tutti. I risultati vengono condivisi e si ha adeguamento collettivo alle migliori pratiche».
Considerando però che i disservizi non mancano, non ci si è infilati un po’ in una via autoreferenziale, difesa a tutti i costi?
«Vogliamo vedere cosa accade quando si applicano modelli diversi? In Regione Emilia-Romagna il privato viene considerato ancillare rispetto al pubblico; quindi, non riesce ad essere un privato che offre il meglio di sé, ma viene utilizzato solo per compensare dove il pubblico non riesce a coprire. Il risultato è che il privato non è nemmeno incentivato ad essere performante ed efficace, poiché si attiva praticamente solo per soddisfare una richiesta eventuale e residuale. Viene meno quello spirito anche imprenditoriale, che però è virtuoso, di una collaborazione, vorrei dire di una competizione virtuosa tra la struttura pubblica e privata convenzionata. Pensi che in Emilia-Romagna gli ospedali privati non hanno il pronto soccorso. Quindi in Lombardia invece, a partire da Formigoni che ha creato questo sistema di collaborazione e competizione pubblico privata, abbiamo elevato enormemente il livello della sanità. Anche gli ospedali pubblici sono stati ammodernati, finanziati anche nel rinnovo del parco tecnologico per essere all’altezza del privato. A livello nazionale il primo IRCCS italiano è il San Raffaele, il secondo è il Policlinico di Milano. Mi sembra una dimostrazione lampante dei benefici del sistema».
Senta, mi metto nei panni dell’utente che fa due più due: la sanità pubblica avrebbe bisogno di più fondi, si finanzia il privato, i problemi rimangono. Poi è chiaro che si installa anche una retorica politica…
«C’è un retaggio culturale, una deformazione per la quale si pensa che il pubblico possa e sabba fornire assistenza, mentre il privato abba come unico fine il lucro. Ovvio che vi debba essere un ritorno, ed è proprio il coinvolgimento nel sistema pubblico che garantisce che l’obiettivo principale sia la qualità della cura. Inoltre proprio le Fondazioni costituiscono per loro natura un ulteriore garanzia. In una società come questa, un’istituzione autorevole è quella che riesce a valorizzare le risorse private, canalizzandole anche verso l’interesse collettivo. Tornando ai paragoni e al dettaglio dei Pronto Soccorso che in Emilia-Romagna sono esclusivamente pubblici, di fatto si crea una condizione di monopolio di un servizio, col risultato di un rischio abbassamento della qualità, in assenza di confronto. C’è poi un tema di garanzie e di costi. Se una struttura privata investita di un servizio pubblico si rivela non all’altezza o ha problemi di vetustà strutturale, ha il preciso dovere di rimediare, mettendo mano al proprio portafogli. Se deve rimodernare un padiglione, ci mette del suo, ma lo fa perché sa che deve non solo ottemperare a delle regole di qualità, ma anche essere concorrenziale».
È che quando si parla di soldi pubblici…
«Intanto iniziamo a dire che non c’è un dirottare delle risorse sulla sanità privata, perché ancora oggi vige in Italia una legge, introdotta nel 2011 dal governo Monti che ha fissato il budget della sanità privata al 2012, tagliato del 2%. Sì, sono 12 anni che attribuiamo alle strutture private esattamente gli stessi soldi, ma con i costi che aumentano, pensiamo a quelli dell’energia. Non mi sembra proprio che si possa parlare di dirottamento di fondi a favore. Intendiamoci, nessuno nega le storture. Non per nulla nel 2015 è stata creata anche un’agenzia apposta per il controllo del sistema socio sanitario, per verificare puntualmente e costantemente come vengano utilizzati i fondi».
Domandona finale. Può esistere un approccio liberale alla sanità?
«Penso che quello che abbiamo adottato in Regione Lombardia sia l’approccio liberale. Se il privato non viene messo nelle condizioni di sviluppare al meglio le proprie capacità, ma gli viene chiesto di limitarsi ad un ruolo marginale, eventuale, non cresce e – torno a dirlo – lo stesso vale per il pubblico. Io credo che un’istituzione virtuosa sia quella che riesce a far dare il meglio a tutti gli attori».
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