La situazione è complessa
Sanità, magistrati, migranti, le difficoltà di Giorgia Meloni: il discorso vuoto ai governatori
Più soldi alla Sanità? “Il punto è come si spendono, l’uso che se ne fa, non la quantità”. Lo scontro con la magistratura? “Ma quando mai, c’è solo un giudice che ha disapplicato una legge dello Stato e il governo che fa ricorso contro quella decisione”. Poco più che una normale dialettica tra poteri dello Stato, quindi. Neppure un cenno al fatto che quei decreti sono stati scritti così male da non poter essere applicati. Per l’immigrazione “servono strategia e visione perché la situazione è esplosiva ed è difficilissimo governarla”. La soluzione è quella del Piano Mattei che “sarà presentato al Parlamento per averne contezza”. Senza dire che il primo che lo sta boicottando è proprio quel presidente tunisino che del Piano sarebbe il modello.
Virgolettati presi dall’intervento, mezz’ora circa, del premier Meloni ieri mattina a Torino al festival delle Regioni organizzato dal presidente Fedriga, tutti i governatori presenti, una due giorni di proposte e mugugni.
A cui Meloni ha risposto con un intervento dai toni stranamente pacati ma zeppo di contraddizioni, confuso, distante dalla realtà. Un discorso vuoto di un leader in difficoltà. A cui ieri è toccata la prima vera giornata di proteste dal vivo. A Roma dove lavoratori della Usb sono arrivati a due passi da palazzo Chigi, del resto piazza Colonna è stata restituita ai cittadini venerdì scorso dopo quasi dieci anni di blindatura. E a Torino dove trecento giovani e giovanissimi, in larga parte studenti con qualche inserimento di centri sociali, hanno contestato la presenza della premier. “Meloni non sei la benvenuta”, “Soldi allo studio, alla casa e alla sanità” recitavano gli striscioni. La premier non ha neppure visto che il cordone di sicurezza ha tenuto il corteo a suon di cariche e manganelli (tra i ragazzi alcuni feriti alla testa) alla larga dal teatro Carignano che ha ospitato il Festival. “Se mi contestano i centri sociali, quelli delle occupazioni abusive o che insultano le forze dell’ordine, vuol dire che sono dalla parte giusta della storia” ha detto la premier. Veramente erano studenti e anche molto giovani fermati dalle cariche delle forze dell’ordine (circa sessanta denunciati).
Nei sondaggi Meloni è sempre alta, meno il consenso al suo governo. Davanti ai governatori, ha voluto cacciare via ogni ipotesi e rumours di governo tecnico. “Non si può fare tutto subito, bisogna avere visione e portare avanti una strategia per il tempo necessario a realizzarla”, tempo che equivale a quello di una legislatura. Ma spiegando la strategia la premier è risultata omissiva e contraddittoria.
Sulla sanità, ad esempio. “Il governo sta lavorando per garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini. Penso però che sia miope concentrare tutta la discussione sull’aumento delle risorse, noi dobbiamo avere un approccio diverso più profondo, dobbiamo concentrarci anche su come quelle risorse vengono spese”. In sala i presidenti di regioni, quindici su venti governate dalla destra, sono saltati sulla sedia: quindici Regioni hanno i conti in rosso nel 2022 sulla Sanità e sette, di cui cinque al Sud, non raggiungono la sufficienza rispetto all’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea). Le Regioni chiedono un maggiore finanziamento del Fondo sanitario nazionale nella prossima manovra di Bilancio. Ma nella tabella Sanità, allegata alla Nadef, risulta nel 2023 una spesa del 6,6% del Pil (era 6,7%), Nel 2024 e nel 2025 scende a 6,02% e nel 2026 addirittura allo 6,01%. Oggi 0,1% vale circa due miliardi. Soldi in meno, quindi.
Il governo si difende invitando a valutare il valore assoluto e non percentuale da cui risulterebbe un calo di due miliardi nel 2023 ma un aumento progressivo di sei miliardi nel triennio 2024-2026. “È sbagliato guardare il valore assoluto. Va visto il valore percentuale rispetto al Pil. È quello che conta”, spiega l’ex ministro alla Sanità Beatrice Lorenzin (Pd). La senatrice è preoccupata per il discorso della premier: “Dire che non contano i soldi ma come si spendono, vuol dire non aver capito quale è la situazione, non essere consapevoli che stiamo perdendo la struttura e il capitale umano del nostro sistema sanitario nazionale. Significa essere rimasti ad una visione del problema legata agli sprechi e dei costi standard, la famosa siringa che in una regione costa 3 e in un’altra uno. Purtroppo non è più questo il problema”. A proposito di “visione e strategia”.
La premier ha rilanciato sulle riforme. Quella costituzionale, il premierato, “perché serve stabilità ad un governo per realizzare un programma di legislatura”. E anche l’Autonomia regionale differenziata. Musica per Zaia, Fedriga, Fontana. Qui però Meloni è stata volutamente omissiva perché ha dato per scontato la copertura finanziaria dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) i diritti minimi che devono essere assicurati ad ogni cittadino italiano a prescindere dalla Regione in cui risiede e che hanno però costi enormi e sono senza copertura. Impensabile mandare avanti l’Autonomia senza i Lep. La speciale Commissione presieduta da Cassese ha deciso di congelare il tema Lep. E in piena estate ci sono state dimissioni importanti come quella di Giuliano Amato.
Il premier ha ragione: la situazione è complessa. E allora è necessario dire la verità. Mantenendo la testa fredda e il cuore caldo.
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