La nuova polemica che ha investito Amadeus, direttore artistico e conduttore di Sanremo 2020, rischia di essere la più seria. Sotto accusa è la partecipazione del rapper Junior Cally che nella canzone Strega del 2017 esalta la violenza sulle donne. Contro di lui si è schierato un gruppo di donne parlamentari di destra e di sinistra, che ha scritto alla commissione Vigilanza Rai, e il presidente di viale Mazzini, Marcello Foa, infastidito probabilmente molto di più dal brano di quest’anno, No grazie, che attacca il sovranismo di Matteo Salvini (con una frecciata pure a Matteo Renzi).
Le parole di Strega sono difficili da digerire: «Si chiama Gioia ma beve e poi ingoia/Balla mezza nuda e dopo te la dà/Si chiama Gioia perché fa la troia/Sì per la gioia di mamma e papà». Il rapper si è difeso dicendo che c’è una differenza tra l’artista e l’uomo e che lui personalmente è sempre stato contro la violenza sulle donne. È una posizione un po’ debole, perché non si assume fino in fondo la responsabilità di ciò che ha scritto e cantato, e perché non tiene conto dell’impatto che queste parole hanno sulle giovani generazioni.
È difficile vederci uno scarto, la descrizione critica di un mondo. Il brano suona invece molto di più come il racconto quasi sentimentale di una realtà in cui la sessualità di una ragazza è connotata attraverso il pregiudizio sessista, lo stigma, la violenza. E non basta neanche dire che la musica rap è così: cattiva, politicamente scorretta, irritante, brutale. Con tutti e tutte. Non basta perché in questi testi, come in altri, si può leggere l’adesione a un mondo che andrebbe invece capovolto, buttato in aria, modificato. Ma più questa lettura è vera, più è difficile condividere la proposta che il cantante venga censurato, cacciato via dal festival. La canzone non è quella in gara, ma risale a tre anni fa.
È come dire che d’ora in poi non si chiede solo di presentare testi corretti, non urticanti, ma di avere il curriculum intonso, una fedina penale senza macchie, insomma di corrispondere a un ideale di purezza che potremmo anche leggere come il ritorno di un nuovo puritanesimo. Vorrei fosse chiaro: la critica è legittima, dovuta. Altra questione è chiedere che chi la pensa diversamente da noi venga silenziato, buttato fuori, espulso, in quanto rappresentante del male assoluto. È sempre la stessa storia, da qualche anno a questa parte: la lotta delle donne per i diritti rischia, spesso, di prendere la strada della censura.
Ma serve davvero a qualcosa, ci aiuta a cambiare il rapporto uomo donna, ci aiuta a parlare a quei milioni di ragazzi e di ragazze (sì, anche molte ragazze) che ascoltano i testi di Antonio Signore, in arte Junior Cally, artista ventinovenne che quando incideva Strega ne aveva 26? Resto convinta di no. E a supporto di questo ragionamento si potrebbe leggere il tweet di Matteo Salvini contro la partecipazione del rapper a Sanremo. «Mi vergogno – scrive il leader della Lega – di quel cantante che paragona donne come troie, violentate, sequestrate e usate come oggetti. Lo fai a casa tua, non in diretta sulla Rai e a nome della musica italiana» (le sgrammaticature sono nel testo originale… ndr). Questo tweet è incredibile, a tal punto da chiedersi se sia vero. Purtroppo è vero. E racconta come Salvini abbia capito poco, se non nulla, della violenza contro le donne che avviene nel 90 per cento dei casi in famiglia.
Se c’è qualcosa che va reso visibile e non nascosto è proprio la violenza domestica che si consuma dentro le mura, spesso senza trovare voce, sbocco, salvezza. Il leader della Lega critica il rapper ma lo fa con argomentazioni inquietanti: se la violenza non si vede è come se andasse bene, come se il problema fosse non raccontarla, non mostrarla. Salvini probabilmente non voleva dire questo, ma il (caro) lapsus freudiano svela un mondo, una cultura, una mentalità che va ancora sconfitta. Junior Cally, con la maschera che ha portato a lungo e che ha deciso ogni tanto di levare, è esattamente l’opposto. Esibisce un problema e non lo nasconde, lo racconta in un modo che, a mio parere, è pericoloso, ma mai come il voler mettere il silenziatore. Il rischio che vedo è questo. Si censura, si mette il bavaglio e si nasconde la polvere (in questo caso da sparo) sotto il tappeto.
La violenza contro le donne non si risolve così, a colpi di un politicamente corretto che come dimostra il tweet di Salvini cela una grande ignoranza dei veri problemi. Molto meglio sentire che cosa ha da dire Junior Cally, affrontare la discussione, chiedergli conto delle cose che canta, invece di cacciarlo. Sono tante le contraddizioni che ci sta consegnando questa edizione di Sanremo. L’insistenza di Amadeus sulla bellezza delle sue partner in scena, la frase sulla fidanzata di Valentino Rossi, Francesca Sofia Novello, secondo lui encomiabile perché «sa stare un passo indietro», ora la polemica sul rapper nato a Focene, alle porte di Roma. Attraverso il festival della canzone italiana si definisce un mondo ancora profondamente misogino, in cui sono tante, tantissime, le battaglie che si devono fare per i diritti e la libertà delle donne. Bisogna capire se sia meglio farle a colpi di censura o a colpi di cambiamento, con la punizione o con la cultura, con più libertà di espressione o meno libertà di espressione…