Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha chiesto se preferiamo la pace o l’aria condizionata. Se preferiamo la pace, dice, dobbiamo accettare di pagare il prezzo delle sanzioni più dure alla Russia. Perché le sanzioni a una grande potenza prevedono un costo alto anche per chi le decide. Però Draghi ha fatto un po’ come la regina Maria Antonietta nel 1789, quando, saputo che al popolo mancava il pane, propose di dargli brioches.

L’aria condizionata, almeno in Italia, è una specie di brioche. È uno strumento, ancora oggi, per i ricchi, o comunque per la gente che sta bene. La quale potrà, ragionevolmente, pagare cento o duecento euro in più al mese per stare al fresco ad agosto. Il problema sarà la bolletta del gas per i poveri, che il gas lo usano per il riscaldamento e per avere l’acqua calda.

Loro gli aumenti non potranno permetterseli. Naturalmente questo ragionamento non c’entra niente con la discussione, ideale, su sanzioni sì o sanzioni no. C’entra però con un fenomeno che non può essere ignorato dai governi e dalla politica. Le conseguenze della guerra, e delle sanzioni, e delle devastazioni, si estenderanno oltre l’Ucraina e colpiranno essenzialmente i poveri. Il divario tra poveri e ricchi, che è il più alto della storia dell’umanità, si allargherà ancora. Da noi i 4 milioni che vivono sotto il livello della povertà assoluta perderanno ancora ricchezza e possibilità di acquisto. E i dieci milioni che galleggiano sul confine tra povertà e non povertà, precipiteranno in basso e verranno raggiunti da almeno un altro milione di persone, cioè i nuovi disoccupati, e forse anche da molti lavoratori autonomi che vedranno i loro profitti diventare sottili sottili.

Sto parlando dell’Italia. Se poi ci affacciamo in Africa, sappiamo che ci sarà la carestia. Non sappiamo ancora quanto vasta e ignoriamo se produrrà centinaia di migliaia di morti, oppure milioni. E anche milioni di profughi. Ai quali noi diremo: via di qui, gente, siete profughi economici ed egoisti, noi accettiamo solo profughi di guerra. Sono tutti effetti collaterali. Più durerà la guerra, più saranno gravi questi effetti.

Ci lasciano indifferenti? Temo di sì. I governi faranno qualcosa per prevederli e attenuarli? Temo di no. E capiranno che bisogna affrettare gli sforzi per una mediazione, un compromesso e la pace. Temo di no. Fingeranno di nulla? Temo di sì.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.