Che il servizio sanitario pubblico italiano stia attraversando un momento di difficoltà è un dato di fatto, nessuno che sia in buona fede lo può negare. Un processo di depauperamento iniziato in anni recenti, che ad oggi sembra difficilmente arrestabile. Nel 2000 l’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblicava il World Health Report, nelle cui pagine veniva definito un “indice complessivo” riepilogativo di tutti gli indicatori di qualità e di spesa della sanità, che permetteva di stabilire un confronto fra tutti i sistemi sanitari del mondo e stilare una classifica. La sanità italiana risultò essere allora la seconda a livello mondiale, dopo la sola Francia. Sono trascorsi poco più di 20 anni e la situazione è molto cambiata, come pressoché tutti i cittadini italiani possono confermare.

Risulta difficile accettare e anche comprendere come in un periodo così breve la situazione sia cambiata diametralmente, tanto che la nostra sanità si trova oggi ad affrontare una fase di declino, rappresentata da ospedali in sofferenza, reparti che chiudono o vengono accorpati, personale carente, liste di attesa inaccettabili, medici di base che mancano, pronto soccorso tanto affollati da risultare invivibili. Non voglio in questa sede analizzare i molteplici e complessi motivi che hanno determinato questa situazione o fare una classifica dei Governi che hanno maggiormente tagliato il finanziamento del Fondo sanitario nazionale, ma vorrei esporre un progetto sperimentale che – attraverso il coinvolgimento della società civile – può contribuire a sostenere a livello locale le strutture sanitarie pubbliche e non solo.

Un progetto che è nato nella mia città, Saronno, in provincia di Varese, dove da qualche anno l’apprezzato Ospedale cittadino, da sempre punto di riferimento per un numeroso bacino di utenza che copre quattro provincie (Varese, Milano, Como e Monza Brianza), vive un doloroso processo di impoverimento e svuotamento.

Reparti che chiudono, servizi di cura che vengono cancellati e soprattutto il principale e drammatico problema della carenza di personale: chi lavora qui cerca occasioni per andare altrove, chi cerca lavoro non gradisce venire a Saronno, in un Ospedale dal futuro ritenuto incerto e problematico. I cittadini si lamentano e protestano, vivendo sulla loro pelle tante gravi disfunzioni; gli amministratori locali portano in Regione pressanti ed accorate richieste di rilancio del presidio ospedaliero cittadino; la Regione tranquillizza, conforta, promette. Si va avanti così da tempo, ma in realtà ben poco negli ultimi anni è cambiato: certo, qualche contentino per rassicurare, qualche concessione per tirare avanti alla meno peggio, ma nessun vero piano organico, serio e dettagliato.

E allora, credo che in questa situazione la società civile non si debba limitare a lamentarsi, a fare appelli o petizioni che nonostante l’encomiabile buona volontà non portano da nessuna parte, ma debba agire, debba intervenire in prima persona, in stretta collaborazione con il settore pubblico. Per questo motivo mi sono fatto promotore della costituzione di Saronno in SaluteFondazione per l’Ospedale di Saronno e del Saronnese, riconosciuta dalla Regione Lombardia ed iscritta nel Registro regionale delle persone giuridiche private. Una fondazione senza scopo di lucro, che ha l’obiettivo di assistere la persona e il malato mediante il sostegno, anche attraverso finanziamenti, delle attività dell’Ospedale di Saronno, di promuovere azioni volte al miglioramento di progetti assistenziali, di sostenere le associazioni di volontariato che operano presso il presidio, di favorire la conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro del personale dipendente.

Per raggiungere i suoi obiettivi, la Fondazione potrà utilizzare molteplici strumenti: finanziare lo sviluppo tecnologico e la telemedicina attraverso l’acquisto di strumentazioni innovative, svolgere attività di formazione e informazione in materia di salute, incaricare medici ed infermieri dell’ospedale – con progetti mirati corredati di premialità e borse di studio – di sviluppare analisi e ricerche con particolare riguardo alle patologie più frequenti e alle condizioni di salute nel territorio saronnese.
Oltre a tutto ciò, la Fondazione intende promuovere iniziative di conciliazione vita-lavoro a favore del personale dipendente, volte a favorirne il migliore e più efficace inserimento nel contesto sociale e lavorativo. Iniziative finalizzate quindi a rendere più “appetibile”, più allettante lavorare presso il nostro ospedale, che possono variare dalla messa a disposizione agevolata di alloggi, di strutture scolastiche, parascolastiche o prescolastiche alle attività di custodia ed assistenza di minori e anziani, dall’acquisizione di servizi di fornitura di alimenti, di mensa o di trasporto alle convenzioni con farmacie, palestre, teatri o esercizi commerciali.

Un progetto che prevede uno stretto rapporto di collaborazione fra il privato e la struttura pubblica, che opereranno con la cooperazione ed il concorso della Regione Lombardia, titolare delle politiche sanitarie, e gli enti locali del territorio.
Un’idea che ha già avuto l’adesione informale di cittadini e imprese della zona, che potrebbe essere replicata anche in altre città, a sostegno non solo di presidi ospedalieri, ma anche di qualsiasi altra attività sul territorio, per esempio scuole o teatri.
Un’iniziativa sicuramente ambiziosa, che richiede a tutti i partecipanti anche qualche sacrificio economico – e in questo caso sarebbe opportuno un trattamento fiscale di favore per le contribuzioni – ma che in cambio darebbe a tutto il circondario saronnese una struttura efficiente e all’avanguardia per tutelare e salvaguardare il bene più prezioso che abbiamo: la nostra salute.