Nel “Si&No” del Riformista spazio al dibattito sulla riforma della giustizia e nello specifico sulla limitazione delle intercettazioni. Favorevole alla linea del ministro Carlo Nordio è il magistrato Paolo Itri secondo cui “limitare le intercettazioni tutela la privacy delle persone non coinvolte nelle indagini”. Contrario invece il senatore Walter Verini che considera la limitazione delle intercettazioni un errore perché “la legge vigente va bene già così: questo è bavaglio all’informazione”.

Qui il commento di Walter Verini:

«Per anni abbiamo subito l’ossessione delle gogne mediatiche...oggi però il pendolo è sbilanciato ai danni della libertà di informazione». Sono parole di Carlo Nordio in una intervista rilasciata al Messaggero qualche settimana dopo la sua nomina a ministro. Le cito a memoria. Ma le ricordo perché gliele abbiamo ripetute due volte: in aula, al Senato, e in Commissione Giustizia, invitandolo ad essere coerente con le affermazioni e auspicando conseguenti provvedimenti.

Perché, allora, il Ministro rinnega queste sue parole nel pessimo pacchetto di proposte sulla Giustizia e, in particolare, con una nuova stretta alla pubblicabilitá delle intercettazioni? Io penso che “gogne mediatiche” ci siano state. Penso che troppo spesso si siano letti sui giornali contenuti e intercettazioni di nessuna rilevanza penale e di scarsissima o inesistente connessione allo stesso procedimento. Assecondando anche voyeurismi, gossip lesivi della dignità delle persone. Per questo Governo e Parlamento sono intervenuti.

La prima volta nel 2017, con una iniziativa del Governo e del Ministro Orlando. Con un provvedimento molto netto, che escludeva dalla pubblicazione frasi e conversazioni senza rilievo penale. E responsabilizzando il lavoro degli uffici giudiziari requirenti. È una norma vigente. Successivamente il Parlamento ha ratificato la Direttiva Europea sulla presunzione di innocenza, rendendo ulteriormente stringenti i limiti della pubblicabilitá di intercettazioni, definendo ulteriori confini e restrizioni e maggiori responsabilizzazioni di Procure e Polizia giudiziaria (e ulteriori modulazioni vennero definite nelle riforme durante il Governo Draghi, con Cartabia Ministro della Giustizia).

Qualche mese fa, in audizione al Senato, il Garante della Privacy ha affermato infatti di non avere registrato – dopo queste misure adottate – nessun caso di pubblicazione di intercettazioni relative a “terze persone”, questione contenuta su questo punto del pacchetto Nordio.

Le restrizioni – e le proteste di FNSI, Ordine dei Giornalisti, tante associazioni di cittadini – hanno portato anche alcune Procure a formulare con rappresentanze del mondo dell’informazione e della stessa Avvocatura, tentativi ed esperienze di protocolli per provare a tenere insieme (nel rispetto delle nuove norme approvate) il diritto alla privacy, al rispetto della dignità delle persone, con l’altro diritto costituzionale alla libertà di informazione. Non solo dei giornalisti, ma dei cittadini di essere informati. Sta di fatto, insomma, che le “gogne mediatiche”, dopo questi provvedimenti, non esistono più.

Il tema, allora, è oggi quello di rispettare le norme in vigore, ma di non aggiungere ulteriori limiti e restrizioni. Sarebbe un’ulteriore, pericolosa oscillazione di quel pendolo (Nordio dixit) ai danni della libertà di informazione. C’è la sensazione che questo Governo provi fastidio per regole e controlli. L’aumento del contante, l’innalzamento delle soglie per affidamenti diretti e gare d’appalto, l’abolizione di misure e paletti di prevenzione e contrasto alla corruzione nel codice degli appalti, il fastidio per i controlli concomitanti della Corte dei Conti sul PNRR.

Con la motivazione, spesso, di semplificare e velocizzare. Anche noi vogliamo questo, ma velocità deve andare insieme a trasparenza. Semplificazione deve andare insieme a rispetto di regole e legalità. La sfida è questa. La soluzione non deve essere abbassare i controlli e alert di legalità. Si rischia di favorire corruzione e penetrazioni mafiose. E tra i controlli un Paese democratico e liberale deve avere l’informazione, un vero e proprio contropotere.

Limitarne ruolo e funzione è pericoloso. Ci sono diverse sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo, del resto, che considerano lecita la pubblicazione di notizie segrete riguardanti personaggi pubblici. Combattendo – come abbiamo fatto – le “gogne mediatiche”, dobbiamo garantire ai cittadini un ruolo molto forte dell’informazione. E chi fa politica, chi svolge un ruolo pubblico al servizio dei cittadini, ha secondo me, molti doveri in più in questa direzione.