Un detenuto in semilibertà può ritrovarsi con la licenza revocata e tornare dietro le sbarre, col rischio di vedersi revocata la semilibertà, per aver assistito a un raduno legale e autorizzato? Sì in un’Italia malata di integralismo e passione per la galera può succedere. Anzi è successo. A Mario Tuti, 75 anni, in carcere da 46 anni, è stata revocata due giorni fa la licenza di cui godeva e potrebbe dover restare in cella a tempo pieno sino a ottobre, quando si dovrebbe discutere la possibile revoca anche della semilibertà e poi, se dovesse scattare la deroga, a tempo indefinito. Fino alla morte. Capo d’accusa: l’aver partecipato, in veste di spettatore, al Campo nazionale del Blocco Studentesco, l’associazione giovanile di CasaPound, dal 16 al 18 luglio nel viterbese.

Tuti, esponente della lotta armata fascista negli anni di piombo – condannato a due ergastoli per l’omicidio di due agenti di polizia nel gennaio 1975 a Empoli, e per l’uccisione, nel 1981, in carcere, di un altro detenuto di estrema destra, Ermanno Buzzi – non è stato sorpreso ad arringare i giovani del Blocco, magari esortandoli a delinquere. In realtà, anzi, nessuno aveva neanche notato la sua presenza tra gli spettatori. Era stato però casualmente ripreso, sul prato, da una troupe Rai per il documentario Prima della strage di Andrea Palladino, e la sua presenza tra gli spettatori era stata così “segnalata”. In più si è fatto fotografare con alcuni militanti del Blocco che erano andati a trovarlo, provocando una furiosa reazione del Pd toscano.

Appena le foto incriminate sono state diffuse sui social, un gruppo di parlamentari ha presentato un’interrogazione alle ministre degli Interni e della Giustizia con firmatario Luca Sani, primo tra i non eletti nel 2018 ma entrato alla Camera dopo le dimissioni di un altro deputato. L’interrogazione è stata sottoscritta da altri 7 deputati, tra cui Filippo Sensi, ex portavoce di Renzi. “La presenza di un detenuto, seppur in regime di semilibertà ma che ha ucciso in nome dell’ideologia fascista, in un raduno giovanile di estrema destra è francamente inammissibile. E’ necessario che venga rispettata la Costituzione e va assolutamente impedito che assassini senza scrupoli possano propagandare gli ideali fascisti nei confronti delle giovani generazioni”, spiega Sani.

All’iniziativa si accoda subito la sindaca di Empoli Brenda Barnini, che scrive al prefetto per segnalare l’inopportunità della “presenza di un terrorista a un’iniziativa di un’organizzazione giovanile”. Illustrando l’iniziativa, la sindaca è meno paludata: “Sapere che esistono centri estivi neofascisti e che nessuno fa niente per impedire che questo avvenga mi pare gravissimo. In più si aggiunge l’offesa per la nostra città e per la memoria delle vittime del terrorista nero Mario Tuti”. Il fatto che l’organizzazione in questione sia legale e la manifestazione debitamente autorizzata è un particolare irrilevante per i deputati del Pd e per la sindaca.

Lo è anche per il magistrato di sorveglianza, che lunedì ha revocato la licenza che sarebbe dovuta arrivare fino al 31 dicembre, motivando la decisione col fatto che il detenuto ha frequentato persone legate all’ambiente neofascista. Non è ancora chiaro se, fino a che non sarà ridiscussa la semilibertà in ottobre, Tuti dovrà restare in carcere a tempo pieno o no. Dall’interruzione forzata delle comunicazioni telefoniche e sui social disposta dal magistrato si direbbe di sì. Tuti, imputato per la strage del treno Italicus dell’agosto 1974 e assolto, è uno dei pochissimi protagonisti del terrorismo rosso e nero degli anni ‘70 ancora in carcere da quasi mezzo secolo. Non dipende dalla gravità dei crimini commessi: sono gli stessi per i quali sono stati condannati moltissimi ex terroristi.

Non dipende neppure dalla persistente pericolosità sociale: nei 16 anni di semilibertà l’ex fondatore del Fronte nazionale rivoluzionario si è sempre occupato di assistenza sociale senza mai badare al colore della pelle e quando, per una mancata firma, fu chiesta alcuni anni fa la revoca della semilibertà il direttore del carcere lo descrisse come un detenuto modello. Tuti, peraltro, ha più volte espresso rammarico per le sue azioni di decenni fa. Il problema è che, come sul fronte opposto l’ex Br Mario Moretti, si rifiuta di rinnegare la sua storia. Continua a definirsi fascista. Rifiuta quegli “atti di sottomissione” che lo Stato, pur sapendo che si tratta nella stragrande maggioranza dei casi di formalità burocratiche, ritiene indispensabili.

E’ possibile che pesi anche la rivolta di Porto Azzurro, nell’agosto 1987, quando 6 ergastolani guidati da Tuti presero in ostaggio 25 persone tra guardie carcerarie e personale del carcere incluso il direttore. La rivolta si concluse dopo una settimana con la resa dei detenuti, senza spargimento di sangue, ma forse l’affronto non è mai stato dimenticato. Tuti ha ottenuto la semilibertà solo dopo 10 anni da quando ne avrebbe avuto diritto, gli fu negato il permesso di visitare la madre in fin di vita, resta in carcere da decenni dopo che quasi tutti gli altri ex terroristi sono usciti. Sino all’aberrazione di questi giorni.