Commerciante costretto a inginocchiarsi davanti all'altarino del baby boss
Scacco al clan Sibillo, nell’altarino c’erano anche le ceneri di Emanuele: rimosse tra le proteste dei familiari
I 21 arresti all’alba degli affiliati al clan Sibillo hanno fatto salire la tensione a Napoli tra i vicoli di Forcella. Una tensione culminata quando le forze dell’Ordine, insieme ai vigili del Fuoco hanno rimosso l’altarino in memoria di Emanuele Sibillo, il baby boss ucciso a 19 anni nel 2015, costruito all’interno di un palazzo al civico 26 di via Santi Filippo e Giacomo. Mentre i vigili smantellavano l’altare e portavano via la scritta “ES17” sono sbucate anche le ceneri del ragazzo che erano state poste lì, all’ingresso del cortile, dai suoi familiari.
I carabinieri hanno anche provveduto alla rimozione di alcuni altarini disseminati lungo i Decumani e dedicati a “ES17”, il boss Emanuele Sibillo. Ma la tensione è culminata quando le forze dell’ordine sono entrate nel palazzo di via santi Filippo e Giacomo. All’arrivo dei vigili del fuoco alcuni parenti hanno cominciato a gridare: “Andate tutti fuori, è morto basta”.
Nell’altarino sono stati rinvenuti un busto raffigurante il volto di Sibillo, diverse foto e la grande struttura in vetro che proteggeva la nicchia. Tra questi c’era anche l’urna delle ceneri che è stata riconsegnata alla famiglia. L’intera struttura era stata realizzata sotto una nicchia contenente un quadro della Madonna, che non è stato rimosso ed è l’ultima cosa che resta al momento dell’enorme altarino.
Commerciante costretto a inginocchiarsi davanti all’altarino del baby boss
Secondo alcune testimonianze l’altarino al primo capo della “paranza dei bambini” era diventato una sorte di “totem” per i Sibillo, usato non solo per commemorare il giovane boss morto a 19 anni ma sarebbe anche stato funzionale alle attività del clan. Un commerciante vittima di estorsione da parte del clan, legato al clan Contini e quindi al cartello camorristico dell’Alleanza di Secondigliano , è stato trascinato davanti all’altare e lì costretto a inginocchiarsi e a riconoscere il potere e la supremazia del gruppo. Così quel quadro della madonna è diventato non solo un luogo di preghiera ma anche di crimine.
Il palazzo di via San Filippo e Giacomo veniva chiamato “il palazzo della buonanima”. Non si trattava quindi, secondo la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, solo di un luogo di commemorazione familiare, ma di un luogo che serviva alle finalità del gruppo dei Sibillo. Partendo da questa considerazione, l’altarino è stato oggetto di un provvedimento di sequestro eseguito questa mattina dai Carabinieri del Comando provinciale di Napoli supportati dai Vigili del Fuoco.
Come anche in altre località dei Decumani (e come fanno anche altri clan in altri quartieri della città) era stato istituito un servizio di ronda, finalizzato a tenere sotto controllo la zona ritenuta “di competenza” del micro-clan che comunque, agiva sotto il controllo del cartello criminale dell’Alleanza di Secondigliano.
Gli arresti contro “la paranza dei bambini”
I carabinieri del Comando provinciale di Napoli alle prime luci dell’alba di oggi, mercoledì 28 aprile, hanno eseguito provvedimenti cautelari emessi dal gip del tribunale partenopeo su richiesta della Dda nei confronti di 21 persone ritenute legate al clan, reso celebre anche nel resto d’Italia dalle famose “paranze dei bambini” e retto tra il 2013 e il 2015 dai fratelli Pasquale ed Emanuele Sibillo. I 21 arrestati sono ritenuti gravemente indiziati dei delitti di associazione di tipo mafioso, estorsione, ricettazione, spaccio di sostanze stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco con le aggravanti delle finalità mafiose.
Nelle indagini condotte dai carabinieri della compagnia Napoli Centro e coordinate dalla Dda partenopea sono state documentate un’escalation di eventi – richieste estorsive ed esplosioni di ordigni e colpi d’arma da fuoco a fini intimidatori – che hanno segnato la quotidianità del centro storico, nell’ambito dei contrasti sorti col clan rivale dei Mazzarella. Gli inquirenti l’hanno definita “strategia della tensione”, adottata dai clan per sollecitare l’intervento delle forze dell’ordine e della procura ai danni dei rivali. A farne le spese gli esercenti delle attività del centro, pizzerie ed esercizi commerciali, costretti a subire le richieste estorsive, le intimidazioni e le azioni violente.
La morte del baby boss Emanuele Sibillo
Un clan che sembrava essersi disgregato dopo l’uccisione del suo baby-leader, quell’Emanuele Sibillo ucciso a soli 19 anni in una sparatoria avvenuta il 2 luglio 2015 con il gruppo rivale dei Buonerba. Secondo la Dda invece la “paranza dei bambini” non è morta col suo leader, anzi: nei confronti dei 21 arrestati odierni emergerebbe un quadro di estorsioni e atti intimidatori nei confronti di numerosi esercenti di Forcella e del centro di Napoli.
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