Camera e Senato hanno pubblicato i bandi: da oggi chiunque può far pervenire la propria candidatura per entrare nel Cda Rai. Ma uno non vale uno, a viale Mazzini. Soprattutto tra ospiti e opinionisti ce ne sono alcuni che hanno avuto più spazi di altri, nelle trasmissioni. E giornalisti che hanno ricevuto una regolare rendita da gettone, prelevati direttamente dal canone pagato dai telespettatori per favorire qualcuno in particolare.
Il caso è emerso in corrispondenza del contestato vaccino di Andrea Scanzi: il volto più caro ad alcune trasmissioni è stato sospeso, e con questa sospensione decade il beneficio economico sulla cui entità si cerca adesso di fare luce. «Ho chiesto conto alla Rai delle decisioni sul contratto con l’opinionista a pagamento Andrea Scanzi», ci dice il deputato di Iv, Michele Anzaldi. La legge sulla trasparenza vale per tutti ma si infrange sugli scogli di viale Mazzini, da dove il porto delle nebbie impedisce di conoscere l’ammontare degli emolumenti. Del caso è stato investito il Comitato Etico del servizio pubblico. Le promozioni-lampo e le improvvise svolte di carriera di questo finale di partita impongono una presa di posizione forte del Governo, che in queste ore ha attivato un tavolo di crisi vero e proprio, coordinato dal capo di Gabinetto di Draghi, Antonio Funiciello.
Le accuse sono gravi. Anzaldi ha presentato due interrogazioni parlamentari che rimbalzano contro il muro di omertà che sta dietro al celebre Cavallo. La Rai a trazione Cinque Stelle e centrodestra, figlia del primo governo Conte, avrebbe non solo promosso internamente i giornalisti amici (è ormai prassi consolidata) ma valorizzato economicamente alcune figure esterne, sponsorizzate e pagate in quanto firme di testate vicine alla governance. Altra prassi: gli ospiti ricevono un gettone in accordo con le trasmissioni. «Una corresponsione economica che dipende da quante puntate, dall’audience del programma, dalla fascia oraria. Ci sono accordi tra programmi e ospiti», ci dice una fonte riservata dagli uffici che contano. «Gli ospiti fissi concordano un gettone diverso da quelli estemporanei, è chiaro. Perché garantiscono una presenza costante». Ma il caso di Scanzi è diverso.
«Non stiamo parlando di gettoni, ma di contratti. Hai un reddito annuale, una certezza. Non è un rimborso per essere passato una sera in tv», precisa Michele Anzaldi, che ha presentato due interrogazioni parlamentari rimaste inesitate. «Avere un contratto come opinionista Rai è la cosa più aleatoria del mondo. Con quale criterio hanno deciso che uno del Fatto Quotidiano, senza selezione alcuna, viene preso sotto contratto per fare le sue sparate pubbliche in prima serata?», si chiede il deputato, membro della Commissione di Vigilanza. Di quali cifre parliamo è il mistero cui nessuno, tantomeno la Vigilanza Rai stessa, riesce a venire a capo.
«La mia idea è che si parli di 1500 euro a puntata. Almeno. Ma perché attribuire un contratto da 1500 euro al giorno a un giornalista piuttosto che a un altro? Perché i Cinque Stelle lo hanno indicato?», continua Anzaldi. «Scanzi va in tv a insultare, a dare del cazzaro a questo e a quello, e i contribuenti lo pagano 1500 euro al giorno? Perché il servizio pubblico usa il canone senza alcuna selezione per i giornalisti?». Le domande di Anzaldi finiscono in un buco nero. Facciamo insieme i conti: quattro sole ospitate a settimana valgono seimila euro. Fanno 24 mila euro al mese. Ma a chiederne conferma, nessuno risponde. E dire che un responsabile del procedimento ci sarebbe: gli ospiti vengono decisi dalle Reti, i contratti vengono fatti dalle direzioni, e dei contratti il responsabile si chiama Andrea Sassano, delle Risorse televisive. Ma le trattative sono riservate, negoziali. E vale per tutti i programmi, quando la produzione è interna.
L’Azienda ha una crisi di ascolti, una raccolta pubblicitaria difficile, il piano industriale non è partito. Un quadro a tinte fosche, ma si fanno contratti esterni con opinionisti già pagati dalle proprie testate: un bonus extra su cui la declamata Trasparenza (una sezione del sito Rai si chiama così, ma è una vetrina senza niente dentro) fatica a fare luce. Il governo Draghi è al lavoro sul dossier Rai, in vista del cambio dei vertici. Della questione si starebbero occupando il sottosegretario Garofoli, il capo di gabinetto di Palazzo Chigi Funiciello, il direttore generale del Mef Rivera e il ministro Giorgetti. Ma la lottizzazione va avanti a tambur battente e proprio in queste ultime due settimane si sono succedute promozioni fulminee a dir poco singolari.
Ci torna su Michele Anzaldi: «La vergogna della Mazzola, nominata direttore Ufficio Studi Rai quando neanche tre anni fa era redattore ordinario, offende non me ma tutti i giornalisti che aspettano anni per fare carriera. È una vergogna, come quella di aver avuto Scanzi sotto contratto solo per insultare i politici a lui avversi, rimarrà agli atti come un abominio della lottizzazione fatto sotto il governo Draghi. Glielo dico perché si sappia che nella storia della Rai, chi un giorno scriverà il libro riporterà come sotto il miglior presidente del Consiglio possibile ci si è fatti fregare da questi qua».