Quella che passerà nell’opinione pubblica sarà l’idea che un criminale è libero. Non è così. Sono scaduti i termini massimi della custodia cautelare per i due reati per i quali Carminati era in carcere, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 304 comma 6 del codice penale, nel rispetto del dettato costituzionale – e più precisamente dell’articolo 13 – e nel rispetto della giurisprudenza in materia di contestazioni a catena.

In altri termini Carminati resta imputato in attesa che il giudice di rinvio definisca la pena che dovrà scontare dopo che la Cassazione – che non poteva definirla perché non è un giudice di merito – aveva escluso l’aggravante mafiosa ma ne aveva riconosciuto la colpevolezza. Carminati non poteva restare in carcere in attesa di questa decisione perché il tempo massimo previsto per la custodia cautelare era scaduto. Quando il processo di rinvio rideterminerà la pena per i reati pendenti Carminati sconterà l’esecuzione cui sarà condannato salvo una possibile valutazione medio temporale di esigenze cautelari. Anche la stampa dovrebbe dunque farsi garante di un’informazione che non calchi sul pedale dell’emotività.

Anche la nuova politica si sta misurando con l’autonomia della giurisdizione e rinverdisce i vecchi strumenti. Si mettono in campo rispetto ai provvedimenti che non si condividono – ancorché non definitivi e suscettibili quindi di successivi controlli – i tradizionali strumenti distorsivi. Il riferimento va in questo caso all’invio degli ispettori. Già sperimentati con il Tribunale di sorveglianza di Sassari, sono riproposti per il tribunale della Libertà di Roma. Ma prima di lasciarsi andare a valutazioni sommarie sarebbe opportuno leggere i provvedimenti. Se mi è consentito esprimermi, quello romano è pienamente condivisibile: sfido un non esperto non solo a leggerlo – cosa che dubito succederà – ma anche a chi conosca la materia a confutarlo nel merito.

Si tratta difatti di una materia di un tale approfondimento che solo un esperto del tema delle misure cautelari può comprendere fino in fondo. Invece è facile prevedere che ci si farà travolgere dal circuito mediatico e dall’ideologia punitiva e dalla polemica politica dalla quale un ministro dovrebbe restare lontano rispettando nei fatti e non solo a parole l’autonomia della magistratura.

È facile prevedere anche che si batteranno le strade delle modifiche delle leggi come già successo per le famigerate “scarcerazioni dei boss” rischiando che la fretta confezioni norme ad alto rischio di illegittimità costituzionale come nella vicenda Zagaria. E che si tenterà il ripristino del carcere per i condannati assegnati agli arresti domiciliari. Senza tener conto della decisione della Corte costituzionale sulla legge spazzacorrotti e della sentenza della Corte europea sul caso Viola, che rigettando il ricorso del governo ha confermato che non c’è compatibilità tra il cosiddetto ergastolo ostativo previsto dall’art. 4 bis della Legge sull’Ordinamento penitenziario e l’articolo 3 della Convenzione. La magistratura ha sicuramente dei limiti e può commettere errori, ma un profondo respiro prima di prendere qualche decisione e soprattutto dopo aver ben valutato i suoi provvedimenti può non essere inopportuno.