La vicenda dell'ex magistrato e senatore grillino
Scarpinato intercettato grida al complotto, noi siamo dalla sua parte ma dica che violare la Costituzione non è grave
Non protesta, come invece dovrebbe, per esser stato intercettato senza la preventiva autorizzazione del Senato. Invece Roberto Scarpinato, l’ex procuratore generale del fallimentare “processo trattativa”, lamenta, nell’intervista al quotidiano di riferimento, di esser vittima di un complotto di chi vorrebbe estrometterlo dalla Commissione Antimafia. Siamo al De Raho due, con due ex procuratori “antimafia” transitati in parlamento, uno alla Camera l’altro al Senato, nei gruppi di Cinque stelle. E subito dopo collocati dal loro partito a proseguire l’attività investigativa nella Bicamerale. Diciamo subito che, se è vero, come ha scritto “La Verità”, che un senatore della repubblica è stato ascoltato non una ma 30 volte dalla magistratura, in questo caso i pm di Caltanissetta, senza l’autorizzazione della camera di appartenenza, noi siamo dalla sua parte. Siamo dalla parte del senatore Scarpinato e del suo diritto a godere dell’immunità prevista dall’articolo 68 della Costituzione. Lo abbiamo fatto nei confronti di Matteo Renzi e dell’ex senatore Stefano Esposito, il caso più clamoroso, su cui è intervenuta la Corte Costituzionale e che vede oggi un procedimento disciplinare aperto al Csm nei confronti di pm e gip di Torino. E lo ripetiamo per lui.
Scarpinato e la Costituzione da (non) violare
Ma proprio perché siamo dalla parte del diritto e delle guarentigie dei parlamentari, non consentiamo al senatore Scarpinato di dire che a lui non importa niente del fatto che venga violata la Costituzione perché “non ha niente da nascondere”. Come se tutti gli altri suoi colleghi che credono nei diritti e nella legge delle leggi celassero inconfessabili e turpi segreti. Inoltre, ma uno colto come lui lo sa, quello dell’immunità non è un diritto a disposizione del singolo ma del Parlamento. Lo rispetti, dunque.
Ma intanto è capitato che la procura di Caltanissetta, che sta indagando su eventuali depistaggi in relazione all’assassinio di Paolo Borsellino, abbia iscritto nel registro degli indagati anche due magistrati, Giuseppe Pignatone e Gioacchino Natoli, per favoreggiamento della mafia. E abbia intercettato, tramite una cimice posta nel suo studio, quest’ultimo, ora in pensione, per alcuni mesi. Scoprendo, si suppone dopo la prima volta, che l’interlocutore di nome Roberto era Scarpinato, ex collega e amico dell’ex presidente della corte d’appello di Palermo. Continuando ad ascoltare e captare per almeno altre 29 volte, e non potendolo fare. Come se non bastasse poi, trascrivendo conversazioni che evidentemente non erano rilevanti dal punto di vista delle indagini, e poi trasferendole anche alla Commissione Bicamerale Antimafia, e inevitabilmente a un giornale.
L’intervista e la telefonata di rimpianti
E qui entra in scena il senatore Scarpinato. Perché qualche telefonata tra lui e Natoli è avvenuta nei giorni precedenti l’audizione di questi in commissione, suscitando il sospetto che i due si siano accordati su domande e risposte. L’ex procuratore generale nell’intervista al “Fatto” dice che non è così, perché loro due parlano solo delle inchieste di mafia sulle stragi del 1992 e 1993, per rimpiangere il fatto di non esser riusciti a dimostrare un bel niente della loro teoria secondo cui è tutto un “unicum”, come da lui ipotizzato nel famoso bluff dell’inchiesta “Sistemi criminali”. Quella che fu opportunamente archiviata vent’anni fa, in cui l’ipotesi di fondo era basata su una visione della storia d’Italia come storia puramente criminale, in cui tutto era un bel pastone mafioso con dentro anche istituzioni, estremismo nero e massoneria deviata. Bellissimo amarcord di una coppia di perdenti. Ma in questo momento all’Antimafia si sta parlando d’altro. E cioè sulle vere cause della strage in cui persero la vita in via D’Amelio Paolo Borsellino e gli uomini della scorta. E in particolare perché nella riunione che si era svolta in procura a Palermo il 14 luglio 1992 era stata decisa l’archiviazione dell’inchiesta su mafia e appalti. Natoli e Scarpinato sostengono che anche lo stesso Borsellino fosse d’accordo sulla chiusura di quel dossier che era stato istruito dal generale Mario Mori. Ma i familiari del giudice ucciso dalla mafia, in particolare Fiammetta Borsellino e l’avvocato Fabio Trizzino, nelle deposizioni alla stessa Commissione Antimafia hanno sostenuto il contrario.
Il complotto
In ogni caso, nell’opportuna intervista arrivata dal quotidiano di famiglia il giorno dopo delle indiscrezioni de “La Verità”, il senatore Scarpinato nega di aver parlato di questo argomento nelle conversazioni oggetto di intercettazioni, e anche di aver posto domande a questo attinenti nell’audizione di Gioacchino Natoli. Coglie piuttosto l’occasione per dichiararsi vittima dei complotti di chi lo vuole estromettere dall’Antimafia, senza domandarsi perché sia lui che il suo collega De Raho indossino visibilmente l’abito del conflitto di interessi. Semplicemente non possono continuare a indagare, con gli stessi metodi e teoremi, sotto mentite spoglie. Nessun complotto.
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