Nel Sì e No del giorno del Riformista spazio al dibattito su Elly Schlein e l’invito ad Atreju declinato. Giusta la decisione? Favorevole Marco Cacciotto (docente universitario di Marketing Politico), contrario Aldo Torchiaro, giornalista del Riformista.

Di seguito il commento di Aldo Torchiaro

Elly Schlein fa male a sottrarsi al confronto. Anzi: malissimo. Anche se l’occasione la offre Atreju – la festa della destra, quella storicamente “rivale” delle Feste de L’Unità – non andare è qualcosa di più di un gesto scortese. È il bollo di ceralacca impresso a gran forza dalla stessa segreteria del Pd sul certificato di inattitudine di Schlein. Non idonea al duello contro la controparte sfidante, dunque non idonea a guidare il più grande partito della sinistra italiana. Quel Pd che sarebbe chiamato a un confronto duro e franco contro l’avversaria Meloni, e non può chiamarsene fuori ogni volta adducendo un pretesto diverso. “Non posso andare: non ho niente di nero da mettere”, la battuta con cui l’ha punzecchiata Fiorello, diventa assai maldestra se a rimasticarla è la stessa leader dem. L’armocromista c’è ed è ben pagata. Manca invece qualcosa di forte da dire: Schlein sembra non avere niente di vero da mettere. Non di nero. E non si trova neanche qualcuno che glielo dica con la doverosa franchezza. “Invito la presidente del Consiglio a un confronto in Aula, a Montecitorio” è la risposta-exit strategy che i guru della comunicazione del Nazareno devono aver considerato all’altezza della situazione.

Non ci sono più gli spin-doctor di una volta. Quelli sapevano bene che l’informalità della festa di partito, l’esposizione a braccio, i tempi elastici dei dibattiti dopocena, l’interazione a caldo con il pubblico siano cose un po’ diverse dalla risposta a un Question time alla Camera. Dunque, il confronto non ci sarà. Ed è un gran peccato perché sarebbe stato un incontro seguitissimo, uno scontro epico e inedito: due donne sole al comando, una la più rappresentativa della maggioranza e l’altra dell’opposizione. Ma non si terrà mai. Perché Elly Schlein non è Cuor di Leone. E se l’adagio recita “In amor vince chi fugge”, in politica vale il contrario. Vince chi si afferma, chi è presente, chi non mostra mai timore. Per noi giornalisti che la seguiamo da quando si è autocandidata alla segreteria dem, l’interrogativo è uno solo: chi glielo ha fatto fare. Perché tecnicamente, valutando gli aspetti della sua capacità di tenuta del palco, dell’intervista, dell’interazione, l’imbarazzo è sempre il sentimento prevalente. Non riesce a comunicare in modo convincente, non è mai in grado di affermare in modo assertivo quel che pensa, sembra addirittura non voler svelare cosa le attraversi davvero la mente.

È prossemicamente distonica: quando l’interlocutore le rivolge una critica, lei accenna automaticamente a un sorriso. Dissimula, vuole spiazzare? Non sapremmo. Non riesce. Per le regole del linguaggio televisivo, confonde. Per il codice della comunicazione non verbale, scoraggia l’auditorio. Certo, in tv si fa vedere, ma sempre avendo fatto sottoscrivere caveat ben precisi. La vediamo da Corrado Formigli, da Lilli Gruber, dove raramente le arrivano affondi ostili. L’abbiamo vista da Cattelan dove è comparso un pianoforte che la segretaria Dem si è messa a suonare. Qualche trovata buona per l’operazione-simpatia è stata messa in campo. Ma declinando l’invito al duello con Giorgia Meloni, ammette di non essere competitiva, di non essere performante. Prendiamo atto. D’altronde, Schlein e Meloni sono antitetiche dal punto di vista del public speech. Tanto vaga e bizantina la prima, con vaporosi eccessi di diplomatismo, quanto diretta e secca la seconda.

La prima asterischerebbe anche le sfumature nelle parentesi che apre dentro ad altre parentesi, la seconda grida ciascuna sillaba in ogni parola: urlo-pausa-urlo, mettendo in fila sequenze forse perfino elementari ma inequivocabili. E l’accento romano fa il resto, incidendo parole nel marmo. Il duello tra Enrico Letta e Giorgia Meloni, in diretta sul sito del Corriere della Sera, aveva polarizzato la campagna elettorale mettendo in luce tutta l’abilità della leader di Fratelli d’Italia. Ma nella storia non ce ne sono stati molti altri. Bisogna andare al 2006 per l’ultimo confronto diretto ospitato dalla Rai: ospiti di Bruno Vespa erano Romano Prodi contro Silvio Berlusconi. Anche quel duello fu vinto, come si ricorderà, dal candidato del centrodestra. Il Cavaliere nell’ultimo minuto, che poi è quello che il pubblico a casa ricorda di più, sfoderò a sorpresa il colpo gobbo dell’abolizione dell’Ici. La destra è facilitata dall’immediatezza di una retorica per slogan, la sinistra appesantita dalle circonvoluzioni della complessità. Sapete come la pensiamo: in medium stat virtus. All’edizione di quest’anno, che si terrà nei giardini di Castel Sant’Angelo dal 14 al 17 dicembre, mancano ancora tre settimane. Ci auguriamo sinceramente che Elly Schlein ci ripensi, e che vada. Anche solo per interrogarsi su Atreju. Che nel romanzo, quando chiedeva: “Perché Fantasia muore?” Sentiva Gmork rispondere: “Perché la gente ha rinunciato a sperare. E dimentica i propri sogni. Così il Nulla dilaga”.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.