L e cronache nazionali parlano di una segreteria che “spietata e dotata di rara astuzia” sta facendo fuori uno alla volta tuti i capi e i capetti nel Pd. Insomma, una grande manovra di normalizzazione e allineamento. Sarebbero semplici riequilibri interni, se non si trattasse del più grande partito di opposizione, che, malgrado tutte le cassandre, alle scorse elezioni europee ha incassato la preferenza di quasi un votante su quattro. Tutto sembra avvenire nella surreale quiete delle pur consistenti correnti centriste interne e di quell’ala riformista dalla quale ci si attenderebbe una legittima dichiarazione di disagio.

Guardando tutto ciò dal punto di vista della realtà milanese si scopre che il tema è sempre quello: mantenere un’autonomia milanese, oppure allinearsi alla dinamica centrale. E se si dovesse scegliere per mantenere e rafforzare l’autonomia milanese, bisogna capire in quale senso, vista la storia politica cittadina che nello spirito moderato e liberale ha sempre trovato un suo punto di equilibrio rilevante.

Da un lato, esponenti metropolitani di lungo corso stemperano la questione dello stare al “centro o sinistra”, portando l’attenzione sui progetti cittadini concreti, e fanno rientrare alleanze ed aperture nel concetto del “laboratorio politico”, dichiarando la fiducia in Beppe Sala; dall’altro, si sta guadagnando sempre più la ribalta una generazione rampantissima, barricadera che – con una sfrontatezza che sa di predestinazione – lascia al Sindaco giusto il ruolo di finire quanto cominciato e senza tanti complimenti dichiara un futuro tutto a sinistra, liquidando il riformismo come un vezzo da boomer. Posto che i dem a Milano, due anni fa, diedero le carte, se come dice certa stampa oggi è in corso la normalizzazione, la domanda è: qui, chi verrà normalizzato?

Sergio Scalpelli

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