La mediazione con i riformisti
Schlein gioca la carta “revisione radicale” e rinvia la resa dei conti interna al Pd

Nel Pd la resa dei conti sulla difesa europea è solo rinviata. La mediazione, quando l’ala riformista era più vicina al punto di rottura con la maggioranza schleiniana, è stata condotta da due punte di lancia: Paola De Micheli, l’ex sfidante alla leadership dem diventata nel tempo una interlocutrice affidabile per Elly Schlein, e Alessandro Alfieri, il coordinatore di quella Base Riformista che da qualche tempo ha cambiato nome ed è oggi Energia Popolare.
Sotto il cappello magico dell’espressione «Revisione radicale», ecco sfumare, al Nazareno, la sfida alla segretaria sulla collocazione internazionale. Delle due, la parola “radicale” è stata quella che la segretaria del Pd ha voluto fosse a tutti i costi presente nella risoluzione sulle Comunicazioni della premier Giorgia Meloni sul piano di riarmo europeo di Von der Leyen. Contro quel piano si era notoriamente schierata Elly Schlein, favorevole a un percorso di integrazione europea che comprenda il settore della difesa, ma fortemente critica sulla corsa al riarmo dei singoli Paesi membri. Una posizione che non ha mai convinto i riformisti del partito, convinti che la linea del Nazareno allontani il Pd dagli alleati del Pse e tradisca la natura europeista dei Dem. Ne è nato un braccio di ferro che ha fatto tornare in voga l’invocazione di un congresso. Ipotesi lanciata da Luigi Zanda sul Riformista e ripresa da tutti gli esponenti dell’area, in questi giorni. Una ipotesi niente affatto campata in aria, visto che la stessa Schlein l’ha tenuta nel computo delle possibili vie d’uscita dall’impasse se le cose si fossero messe male: «Tutte le ipotesi sono in campo, ma non ci saranno soluzioni politiciste», si è sentito dire dalle parti del Nazareno.
E non sapremmo dire se di politicismo si tratta, ma è arrivata la mediazione. Con quelle due parole, «revisione radicale» accompagnate ad altre che hanno sopito l’agitazione dei riformisti: «avvio di un percorso». Una formula che ricorda quella utilizzata da Paolo Gentiloni, Pina Picierno e dagli altri esponenti Pd di estrazione riformista che si sono alternati nel dibattito degli ultimi giorni: «Un passo avanti» in direzione della difesa comune europea. Un passo aventi rappresenta il piano Von der Leyen per la minoranza dem per i riformisti diventati, nelle chat interne al Pd, i «passatisti», quelli del «passo» avanti, appunto. Ora, «vediamo come va», osserva un esponente dell’area riformista che ha lavorato nelle ultime ore alla risoluzione: «Oggi abbiamo dimostrato che se il Pd si confronta sul serio i problemi non ci sono. Speriamo che questo diventi d’ora in poi un metodo di lavoro», viene aggiunto. I riformisti, in ogni caso, si dicono soddisfatti: il Pd, è il ragionamento, ammette di voler fare parte di un processo europeo e di non volerne stare fuori. Schlein dà appuntamento a oggi, alla Camera, quando svolgerà un intervento tutto in attacco contro le contraddizioni del centrodestra, che sull’Ucraina mantiene sfumature diverse, pur sapendosi compattare in occasione del voto.
Soddisfatto uno dei protagonisti dell’accordo, il senatore Alessandro Alfieri: «Condanniamo la via bilaterale nel confronto sui dazi e impegniamo il governo a negoziare a livello europeo per difendere i comparti strategici del nostro continente», ha dichiarato. «Chiediamo il raddoppio delle risorse nel bilancio europeo per affrontare le nuove sfide e garantire l’autonomia strategica europea – ha spiegato parlando della risoluzione sul riarmo Ue -. Sosteniamo tutti gli strumenti e gli investimenti che spingono alla costruzione della difesa comune, spingendo sull’interoperabilità dei sistemi, sulle collaborazioni industriali fra paesi europei e sugli acquisti e i programmi comunitari come delineato nel Libro Bianco. In questo quadro, lavoreremo con pieno protagonismo nel negoziato che si apre a Bruxelles per cambiare gli aspetti critici che portano all’aumento dei bilanci nazionali della difesa, ponendo forti condizionalità che rafforzino la prospettiva della difesa comune. Perché senza condizionalità si aumenta la dipendenza strategica dagli Stati Uniti invece di diminuirla e si rende difficile la costruzione della difesa europea». L’appuntamento con le divisioni del Pd è rimandato, ma il congresso per ora si allontana. «Si dimostra che in questa fase si può arrivare a decidere insieme, senza bisogno di convocare un congresso», la sintesi di Paola De Micheli.
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