Il campo extra large
Schlein insegue il modello Mélenchon, il nuovo Fronte Popolare italiano: ma così la sinistra rinuncia a governare
Un’alleanza larghissima non riuscirebbe a guidare l’Italia. Programma condiviso e visione riformista sono due elementi fondamentali ma assenti. Fare fronte comune per fermare la destra non funziona
Diciamoci la verità. La sinistra italiana – seppur nelle sue multiformi espressioni – è giunta a un bivio decisivo, soprattutto dopo la vittoria della sinistra riformista e democratica in Inghilterra e di quella radicale e massimalista in Francia. Anche perché, come tutti sappiamo, esistono diversi modelli esteri a cui ci si può rifare nel momento in cui si costruisce un’alleanza alternativa al centrodestra. Ora, al di là delle profonde differenze tra i vari sistemi politici e istituzionali riconducibili a leggi elettorali opposte se non addirittura alternative, è di tutta evidenza che c’è un gigantesco nodo politico che proprio la sinistra italiana adesso deve sciogliere. E questo perché, seppur di fronte a molte offerte politiche presenti nel Vecchio Continente e a livello internazionale, il modello inglese e quello francese sono quelli più gettonati in questi ultimi tempi. È meglio il modello del riformista britannico Starmer o quello francese del cartello elettorale contro la cosiddetta “onda nera” rappresentata da Marine Le Pen? E proprio attorno a questa disputa si giocano l’iniziativa e il progetto politico della sinistra ex e post-comunista italiana.
Senza soffermarsi sulle chiacchiere e sulla propaganda spicciola, è abbastanza chiaro che il modello perseguito dal neo “Fronte Popolare” italiano composto dalla sinistra radicale della Schlein, dalla sinistra estremista e fondamentalista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis e dalla sinistra populista e demagogica dei 5 Stelle, era e resta il modello francese. Non parlo dei cosiddetti partiti di centro che eventualmente potrebbero accodarsi a questo cartello elettorale e politico, perché si tratterebbe di un’esperienza molto simile agli antichi “partiti contadini” di comunista memoria per essere presi in seria considerazione. E, sotto questo versante, se dovesse consolidarsi questo modello è altrettanto indubbio che l’obiettivo non è quello di costruire una coalizione politica o un’alleanza elettorale finalizzati al governo del paese con un programma condiviso e chiaramente riformista elaborato dai vari partiti e movimenti. Al contrario, come recita appunto il modello francese, avrebbe come unico effetto – come del resto dice con rara chiarezza uno dei leader di questo cartello elettorale, Nicola Fratoianni – quello di demolire e fermare la destra, il neo fascismo, la svolta illiberale, la torsione autoritaria, la dittatura, la negazione delle libertà democratiche, la sospensione della libertà di espressione, la violazione dei princìpi costituzionali e tutto il caravanserraglio che ascoltiamo tutti i giorni dalla legittima e scontata propaganda della sinistra nelle sue diverse e multiformi espressioni.
Ecco perché il vero nodo politico è quello di capire se il modello francese – come pare essere – sarà il riferimento decisivo e determinante nell’ispirare il concreto comportamento della sinistra italiana o se saranno la cultura, la sensibilità e il progetto riformista ad affermarsi. È di tutta evidenza, però, che la strategia della “santa alleanza” contro il nemico giurato e implacabile – che esista, o meno, è un puro dettaglio – ha due controindicazioni. Innanzitutto contribuisce a radicalizzare lo scontro politico alimentando quella logica perversa degli “opposti estremismi”, tristemente nota nel nostro paese, che nuoce alla democrazia e la riduce a una contesa dove ogni mezzo diventa lecito pur di abbattere il nemico. In secondo luogo si rinuncia pregiudizialmente e definitivamente a costruire una cultura di governo che era, e resta, l’unico elemento che qualifica e nobilita un partito e una coalizione.
Si tratta, però, di due ingredienti decisivi che contribuiscono a qualificare il comportamento e l’iniziativa politica della sinistra italiana nei prossimi mesi. E questo perché una coalizione è credibile, e le rispettive forze politiche mature, solo se riesce a declinare – nel rigoroso rispetto delle regole democratiche e costituzionali – una vera e propria cultura di governo. Dar vita ad alleanze “contro” e non “per” ha l’unico ed esclusivo obiettivo di gettare un paese nel caos e nella confusione.
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