Flop. Percentuali di adesione deprimenti, la media è del 48 percento, per lo sciopero indetto dall’Associazione nazionale magistrati per protestare contro la riforma della giustizia voluta dalla Guardasigilli Marta Cartabia. Un dato fra tutti: a Milano, ufficio giudiziario da sempre in prima linea contro i provvedimenti dell’esecutivo non graditi, vedasi il decreto Biondi nel primo governo Berlusconi, la percentuale delle toghe che ieri ha incrociato le braccia non ha raggiunto il 40 percento. Nel 2010, tanto per fare un confronto, la percentuale era stata più del doppio, il 92 percento.

Tra i 57 magistrati tirocinanti presenti al palazzo di giustizia di Milano, in particolare, hanno aderito allo sciopero appena in nove, pari a poco meno del 16 percento.
Tracollo in Cassazione, ufficio dove prestano servizio i vertici dell’Anm: il presidente Giuseppe Santalucia ed il segretario generale Salvatore Casciaro. A piazza Cavour, dove la percentuale degli scioperanti ha superato di poco il 22 percento, si è già iniziato a discutere delle loro dimissioni. In quasi tutti i grandi distretti la percentuale, comunque, è rimasta sotto il 50 percento: a Firenze il 39, a Venezia il 47 a Genova il 49. Solo a Napoli l’adesione ha raggiunto il 53. La soglia minima per il successo dello sciopero era stata fissata al 65 percento. Adesione più convinta solo nei piccoli tribunali, come quello di Busto Arsizio, dove prestano servizio 30 giudici, con il 90 percento. Fra le toghe contrarie alla protesta, il gup di Milano Guido Salvini secondo il quale quello di ieri è stato uno «sciopero ‘inventato’ che mirava a distrarre dai problemi veri che negli ultimi tempi hanno portato ai minimi storici la credibilità della magistratura: vi sarebbero stati altri temi su cui sollecitare il governo, ma questo è uno sciopero politico che tende ad uno scontro e ad influire, in modo pretestuoso, sull’indirizzo legislativo del Parlamento».

Per Salvini, che ha anche affisso un cartello davanti alla porta dell’ufficio per avvertire che non aderiva, «non possono essere usate come pretesto per lo sciopero le nuove ‘valutazioni’, ancora tutte da sperimentare». Valutazioni, è bene ricordarlo, che si riferiscono a ‘gravi anomalie’ e non al semplice annullamento di un provvedimento. «In realtà potrebbero evitare che gravi disastri processuali, alcuni dei quali, anche a Milano, tutti conosciamo, entrino, come spesso accade, addirittura quale nota di merito nel curriculum di un magistrato», ha puntualizzato Salvini, sottolineando che saranno sempre «altri magistrati, i Consigli giudiziari e il Csm, a redigere le valutazioni e non il ministro o il governo». Il giudice del processo sulla strage di piazza Fontana ha avuto una parola anche per i colleghi che invece hanno aderito allo sciopero: «l’hanno fatto perché è conveniente mostrarsi zelanti per assicurarsi qualche vantaggio futuro e conformisti nei confronti dei capi della magistratura».

Ed a proposito delle riforma e delle tanto temute valutazioni di professionalità, sempre ieri si è tenuta alla Camera una conferenza stampa con Enrico Costa di Azione e Riccardo Magi di +Europa durante la quale è stato distribuito un opuscolo con le 10 ragioni per cui il testo Cartabia è perfettamente in regola. «Dicono che è una riforma contro i magistrati. Ma non è vero. La riforma è per i cittadini, perché limita l’influenza delle correnti, responsabilizza i magistrati, riduce il fenomeno dei fuori ruolo, blocca le porte girevoli tra politica e giustizia, non limita in nessun modo l’indipendenza della magistratura, perché le decisioni sulle carriere dei magistrati e sulle sanzioni disciplinari sono riservate sempre al Csm», hanno sottolineato Costa e Magi.

«Lo sciopero – hanno aggiunto – è motivato soprattutto dall’avversione per l’adozione nella valutazione professionale dei magistrati di criteri oggettivi, per promuovere e valorizzare i bravi magistrati rispetto a quelli meno bravi, un obiettivo che dovrebbe essere condiviso da tutti». «L’Anm invece vuole tutelare un sistema basato su criteri vaghi dove le valutazioni sono ridotte a quasi delle formalità, come se il sistema giudiziario di oggi fosse perfetto e senza difetti. Ma non lo è», hanno quindi concluso i due parlamentari. La giornata di ieri, infine, è stata caratterizzata da diverse assemblee, aperte ai cittadini, agli esponenti politici e anche agli avvocati, per spiegare le ragioni dell’astensione.