Politica
Sciopero e manifestazione, il braccio di ferro tra i due populisti Salvini e Landini
Un venerdì di sciopero e manifestazioni con Matteo Salvini e Maurizio Landini che si contendono i riflettori
Venerdì 17 sfortunato per chi vuole muoversi o deve andare al lavoro. Il freno a mano sul Paese intero è stato tirato, anzi, imposto da due sigle sindacali. Quelle che bastano a fermare le ferrovie dalle 9 alle 13, come i vigili del fuoco. A far saltare un intero turno per la sanità pubblica e privata. A tenere chiusi i portoni delle scuole e delle università. Adesso è tutto pronto per lo show. Matteo Salvini e Maurizio Landini si contendono i riflettori. Il palcoscenico è quello offerto dallo sciopero, che oggi vedrà tra il Ministero e la piazza un’’occasione ghiotta per entrambi. Simul stabunt, simul cadent: Salvini e Landini si sostengono a vicenda alimentando a spron battente il loro duello, giorno dopo giorno. Fino a mettere gli altri fuori scena. Il vice premier a spese di Giorgia Meloni, che sullo sciopero ha prudentemente preferito tenersi alla larga dalle polemiche, e il leader sindacale a dispetto di Elly Schlein, messa una volta di più in seconda fila.
La manifestazione di Cgil e Uil
Oggi la manifestazione che culminerà a Piazza del popolo deve riuscire a far dimenticare la piazza del popolo della segretaria dem. Ci riuscirà senza problemi. A Roma sono attese molte decine di migliaia di manifestanti. E stavolta dovrebbero esserci davvero. Anche se la modalità è stata ricalibrata, le motivazioni date dal protrarsi della tensione con il governo hanno caricato a molla i promotori. Landini più di Bombardieri, a dire la verità: il leader Uil si sarebbe mostrato più morbido, avrebbe teso la mano per primo nel tentativo di non sovraccaricare i cortei di tensione eccessiva. Di fatto dopo una settimana di tira e molla, di braccio di ferro per la prima volta anche tra la Commissione per l’applicazione della legge sullo sciopero nei servizi essenziali e le sigle sindacali interessate, queste ultime sono venute a più miti consigli. Non abbastanza, a sentire Matteo Salvini, che ribadisce: “Quello della Cgil nei confronti del governo è un approccio pregiudiziale. Uno sciopero politico”.
Lo sciopero e la precettazione di Salvini
Sotto pressione da parte di tutte le altre sigle sindacali, dei partiti della maggioranza, dei tanti lavoratori non aderenti, i due sindacati bastian-contrari, Cgil e Uil, hanno obtorto collo accettato il compromesso. Sui trasporti pubblici l’astensione dal lavoro sarà di sole quattro ore a livello nazionale. Rimangono otto le ore di sciopero previste per tutto il pubblico impiego, per la scuola, la sanità, le università, la ricerca. Solo nelle regioni del Centro Italia l’astensione del lavoro è estesa anche al settore privato. Ed è stata proprio questa sua configurazione a mosaico, quest’applicazione a macchia di leopardo che ha messo la proclamazione della giornata di sciopero di oggi sul binario dell’inadeguatezza formale, secondo i rilievi mossi dalla Commissione. Il resto, lo ha fatto la politica. La minaccia della precettazione ha funzionato, anche perché andando a colpire individualmente il singolo lavoratore, rischiava di diventare un argomento difficile da arrogarsi, per le due sigle sindacali. Ma non l’hanno mandata giù. Cgil e Uil presenteranno un ricorso legale contro l’annunciata precettazione degli scioperanti. I due sindacati hanno dato mandato ai legali per predisporlo nei tempi previsti, “verosimilmente in pochi giorni”, fanno sapere.
Certo, oggi sta a loro fare la voce grossa. “Se sono coerenti allora cancellino la precettazione, se davvero non vogliono mettere mano al diritto di sciopero, sono ancora in tempo, così ciascuna persona può decidere se aderire o meno, altrimenti fanno il gioco delle tre carte e raccontano balle al Paese”, ha rilanciato ieri il segretario generale della Cgil Landini. Ieri lo show dello sciopero è stato preannunciato con un road show: il varo di un camper – la “Carovana dei diritti” – che dovrà fare un viaggio a tappe in diverse regioni d’Italia, “guidato da diversi autisti eccellenti: il primo chilometro lo condurrà il segretario generale Landini”. Altra trovata per spettacolarizzare la scena, per richiamare un po’ di pubblico in più.
La promessa di Landini
È tutta una questione di regìa. Tanto che il palco di piazza del popolo viene montato in anticipo, già nella mattinata di ieri, e le foto distribuite sapientemente ai giornali: “Siamo pronti”, il non detto che si può intuire. Assumendo di non essere pochi, dati i pullman e i treni speciali che questa volta davvero sono in partenza dall’alba verso Roma. “Non ci mettono paura, rappresentiamo la maggioranza di questo Paese, quello del governo è un tentativo di non parlare del motivo per cui scioperiamo, le piazze saranno piene e questo sarà solo l’inizio”, ha detto alla vigilia Landini. Anche perché la piattaforma programmatica che spinge all’astensione dal lavoro è passata dalla protesta per la manovra a difendere la Costituzione, tout court: “C’è un attacco a 360 gradi alla Costituzione”. E nell’intervista uscita oggi su Huffington Post, Landini suona i tamburi di guerra: “Questo percorso non finisce qui. Non ci fermeremo finché non avremo ottenuto di cambiare le politiche economiche e sociali e di avviare una nuova fase”.
La Cisl ha preso le distanze. “Riteniamo sia sbagliato – ha dichiarato ieri il segretario generale Cisl, Luigi Sbarra – in una fase difficile come questa gravare di ulteriore sacrifici i lavoratori, tra l’altro causando danni ai cittadini e spostando le tensioni sociali nelle aziende”. Il viceministro ai Trasporti, Edoardo Rixi, della Lega, enumera le astensioni dal lavoro. “Quest’anno ci sono stati 620 scioperi nel settore dei trasporti in Italia. Abbiamo sempre garantito il diritto di sciopero ma dobbiamo contenere le ore perché sennò non avremo mai più un treno in orario né la possibilità per i pendolari di andare al lavoro. È chiaro che se c’è una piattaforma programmatica è giusto il confronto, se c’è un problema di carattere ideologico su una finanziaria difficile perché non abbiamo voluto indebitare ulteriormente il Paese è uno sciopero politico”.
Chi interpreta l’insofferenza delle partite Iva, Eugenio Filograna (Centro Studi Autonomi e Partite Iva) lancia una granata contro la piazza rossa della Cgil: “Gli ultimi marxisti rimasti in circolazione provano a fermare l’Italia con pretesti vaghissimi. Il tessuto produttivo, le Pmi, gli Autonomi e Partite Iva lavorano. Ci rimbocchiamo le maniche anche per chi non lavora. Come troppo spesso accade”.
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