Approfitta del contesto fantasy della mostra su Tolkien (“che bella pagina di cultura, grazie ministro Sangiuliano”) per provare a raddrizzare una situazione che è decisamente scappata di mano. In una direzione problematica per il governo. La guerra santa del vicepremier Salvini contro il diritto di sciopero ha creato una serie di effetti collaterali non previsti. Si chiama eterogenesi dei fini. Ad esempio ha compattato le opposizioni nella difesa dello sciopero; ha trasformato Landini, che ringrazia, nel leader politico della sinistra ma anche Salvini nel garante della destra; scavato un fossato con i lavoratori, a prescindere dall’area politica di appartenenza, perché il diritto allo sciopero è qualcosa di sacro. Soprattutto ha riportato al centro del dibattito politico quella Manovra che la premier ha fatto di tutto per nascondere e che invece è la piattaforma, un po’ fumosa in realtà, dello sciopero generale indetto da Cgil e Uil.

Non è chiaro cosa Salvini volesse ottenere con questo fuor d’opera per cui da sabato va dicendo che lo sciopero del 17 novembre ha l’unico fine di “allungare il fine settimana”. Di sicuro ha creato problemi alla premier. Che ieri sera, si vede ispirata dal maestro del fantasy icona della destra, ha rotto il silenzio di questi giorni e cercato di rimettere le cose a posto. Tanto per cominciare il governo “non ha alcuna intenzione di mettere mano alla normativa che regola lo sciopero” come invece aveva suggerito Salvini. La premier, sempre camminando curiosa tra un pannello e una installazione della mostra inaugurata alla Galleria nazionale di arte moderna, ha anche chiarito che la precettazione imposta martedì dall’avvocato Paola Bellocchi, Garante dell’Autorità per gli scioperi “è stata una scelta non politica, quindi tecnica e condivisa dalla maggioranza”. Non solo: la maggioranza presenterà una sua proposta al disegno di legge sul salario minimo e “contro i salari poveri”.

Il ministro Giorgetti difende lavoratori e sciopero

Difficile avere un resoconto in chiaro, cioè virgolettato, su cosa sia successo tra Meloni e i suoi vicepremier e il ministro economico Giorgetti, che è pur sempre della Lega, tra lunedì e martedì. La convocazione a Chigi per martedì pomeriggio è stata definita, come sempre, “cordiale e collaborativa tra gli alleati di governo”. E’ un fatto che da martedì mattina nessuno, neppure Salvini, osa più attaccare lo sciopero. “Che fin troppo pubblicità è già stata fatta a qualcosa che non doveva averla” spiega un parlamentare di Fratelli d’Italia che in queste ore sta seguendo da vicino il dossier. Al contrario, il ministro Giorgetti, ha difeso lavoratori e sciopero: “I sindacati hanno la totale legittimità a scioperare e però non è vero che questo governo non ha a cuore gli interessi dei lavoratori dipendenti”.Un altro effetto collaterale, complici le audizioni tecniche (Bankitalia, Corte dei Conti, Istat, Ufficio parlamentare di bilancio e Confindustria) in Senato per la manovra, è che sui giornali sono tornati i titoloni sulla Manovra. “Misure temporanee e frammentarie”, soldi “insufficienti” per il Servizio sanitario nazionale, la “trappola” del taglio del cuneo per chi ha redditi al di sopra dei 35 mila euro. Insomma, se lo sciopero è stato dimezzato perché precettato, la piattaforma dello stesso sciopero si è invece definita e irrobustita grazie al clamore mediatico di questi giorni.

Gli effetti collaterali della campagna antiscioperi

Ieri pomeriggio, intorno alle 16, il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture ha voluto, via social, mettere il cappello sulla riduzione dello sciopero. “Non ho vinto io – ha celiato in un video su Instagram – ma 60 milioni di italiani che hanno diritto allo studio, al lavoro, alla salute, inuma parola alla mobilità”. Poco dopo la premier Meloni, in visita alla mostra, ha cercato di rimettere le cose a posto.Dunque venerdì lo sciopero dovrà essere al massimo di quattro ore, dalle 9 alle 13, invece che di otto. Vedremo se e quanto gradimento porterà al consenso di Salvini la battaglia contro i sindacati “furbi e fannulloni e che in realtà fanno politica e non gli interessi dei lavoratori”. Al primo sondaggio sarà tutto più chiaro. Tra gli effetti collaterali della campagna antiscioperi, c’è la insperata e inattesa pubblicità per il leader politico Landini. che ieri è stato però ridimensionato nell’audizione chiesta dal presidente Rizzetto (Fratelli d’Italia) della Commissione di garanzia sugli scioperi. Un po’ seccata per essere finita in questo tritacarne poltico-propagandistico, la presidente Paola Bellocchi ha spiegato che Cgil e Uil “non hanno considerato che il loro non è uno sciopero generale perché non riguarda la totalità dei settori ma solo alcuni”. Insomma la precettazione nascerebbe dal fatto che i due leader non hanno osservato le regole dello sciopero. Si sono sbagliati, ecco.

Avatar photo

Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.