Luigi Di Maio era stato chiarissimo. “Chi dovesse cambiare partito e collocazione dopo essere stato eletto con noi pagherà una multa da 100mila euro. Così ci penserà su un migliaio di volte prima di tradire la fiducia che ha ricevuto”. Era il febbraio 2018. Il Movimento 5 Stelle in piena campagna elettorale per le politiche. Sarebbe risultato il partito più votato, quello più numeroso in parlamento con oltre il 32% dei voti. Quel diktat sui transfughi non venne mai applicato. Al Consiglio nazionale grillino tenutosi ieri sera sarebbe stato proposto di multare però proprio il ministro degli Esteri e i parlamentari entrati nel suo gruppo Insieme per il futuro.

In tutto una sessantina di parlamentari. Scissione che ha spaccato il Movimento 5 Stelle: rottura scaturita dai risultati disastrosi alle amministrative e dalle divisioni sulla nuova risoluzione per l’Ucraina e sul principio fondante del M5s del vincolo del terzo mandato. Repubblica spiega in un retroscena che il momento per quella multa potrebbe essere arrivato. Lo dice un vicepresidente dei 5s che sottolinea anche che molti di quelli che hanno lasciato il gruppo sono morosi, non hanno saldato le restituzioni come da principi del Movimento.

 

Più diplomatico Giuseppe Conte, ex premier e leader del M5s. “Nessun rancore, ha fatto parte della nostra storia”, ha detto di Di Maio confermando l’appoggio al governo Draghi. Anche se la fuga di Di Maio starebbe seducendo altri big del Movimento come il capogruppo alla Camera Davide Crippa, l’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e l’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede. L’addio dei fuoriusciti finirà per gravare inoltre sulle casse del Movimento per 2,3 milioni di euro: ovvero per i 52mila euro di contributi all’anno previsti per ogni eletto alla Camera, che per i nove mesi della legislatura rimanente scendono a 39mila, e che moltiplicati per i 61 eletti fanno oltre due milioni di euro. Che andranno quindi ai “dimaiani”.

Alla Camera il gruppo “Insieme per il futuro” è stato già costituito senza utilizzo di simboli in quanto il regolamento di Montecitorio non lo prevede. Al Senato si cerca un simbolo presentato alle ultime politiche e secondo AdnKronos ci sarebbe un accordo con il “Centro Democratico” di Bruno Tabacci. E intanto i social non dimenticano: viaggia in rete quel video del 2017 in cui Di Maio attaccava i parlamentari che cambiavano casacca dopo esser stati eletti.

In Italia oltre i furbetti del cartellino abbiamo i voltagabbana del Parlamento. Dal 2013 a oggi ci sono stati 388 cambi di partito. Alcuni parlamentari hanno cambiato partito anche sei volte negli ultimi quattro anni. La terza forza politica del senato e della camera pensate che è il Gruppo Misto. Solo alla Camera siamo partito all’inizio della legislatura con meno di 10 gruppi e oggi siamo a oltre 18 e la maggior parte di questi non era neanche sulla scheda elettorale nel 2013. Un vero e proprio mercato delle vacche che va fermato. Per il M5s se uno vuole andare in un partito diverso da quello votato dai suoi elettori si dimette e lascia il posto a un altro. Come accade ad esempio in Portogallo ma anche per consuetudine nella civilissima Gran Bretagna”.

In Italia invece se ne fregano. Una volta che sono in Parlamento gli elettori non contano più nulla. Quello che conta è la poltrona, il mega-stipendio e il desiderio di potere. Molti governi si sono tenuti in piedi e hanno fatto approvare le peggiori porcate proprio grazie ai voltagabbana. Da Monti a Letta a Renzi fino a Gentiloni. Le leggi più vergognose della storia della Repubblica si sono votate grazie ai traditori del mandato elettorale. Pensate alla Fornero, al Jobs Act, alla Buona Scuola. Il M5s per evitare tutto questo vuole che si rispetti il voto dei cittadini. Noi abbiamo applicato su di noi una regola chiara, senza aspettare un obbligo di legge. Chi non vuole più stare nel Movimento va a casa, se non lo fa tradisce gli elettori, causa un danno e quindi deve essere risarcito il Movimento. È semplice, chiamatelo come volete: vincolo di mandato, serietà istituzionale, rispetto della volontà popolare. A nessuno è negato il diritto di cambiare idea ma se lo fai torni a casa e ti fai rieleggere. Come al solito il M5s non ha aspettato una legge per cambiare il modo di fare politica. Anche i partiti facciano come noi”.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.