Bernie Sanders, l’ottantatreenne leader socialista (l’unico socialista d’America) vede con i suoi occhi l’infiltrazione trumpiana nella sinistra operaia e al microfono usa parole e un tono rabbioso che non fanno parte del suo elegante repertorio: manigoldi, ladri, mascalzoni, banditi di cui non dovete fidarvi. E il pubblico dei blue collars, gli operai in tuta, applaudono ma con poca convinzione.

La frustazione

Bernie è un indipendente di sinistra, non deve essere eletto ma cerca di recuperare i metalmeccanici tentennanti e usa parole forti per convincerli a votare per la Harris. Sanders spiega di aver scoperto con orrore che anche nella classe operaia serpeggia la tentazione di mandare al diavolo la sinistra e votare Trump. E ammette che l’amministrazione Biden non ha dato del suo meglio, e gli operai sono tentati dalla destra: “Ma non posso far finta di niente e mi sono indignato”. Emerge così un altro elemento della spaccatura americana: gli operai della cintura industriale sono frustrati quanto quel venti per cento di neri americani che si sono stufati del ruolo di minoranza perseguitata e mantenuta da sostegni da ripagare in voti democratici, ma senza alcuna promozione sociale.

Kamala è disperata

Un’indagine pubblicata dal New York Times rivela poi un’altra stranezza recentissima: negli ultimi quattro anni gli americani tendono a cambiare città e andare a vivere fra gente che la pensa come loro: quindi gli Stati rossi (repubblicani) sono sempre più rossi e viceversa. Le due Americhe si parlano poco e si tollerano sempre meno. Idem le etnie, non si fa molta amicizia con quelli diversi da te. Ed è quindi vero che Donald Trump, spalleggiato dal cosmico Elon Musk, ha ricreato a sua immagine e somiglianza un’idea che sembra crescere: quella “smoderata” che risponde allo slogan “make America great again”, ridiamo all’America la grandezza. Siano a meno quattro giorni e Kamala è ancora una volta disperata perché il presidente Joe Biden fa pagare a lei il prezzo delle sue gaffe di dubbia innocenza, come quando ha detto che “gli elettori repubblicani sono pura immondizia”: è stata una catastrofe.

Trump urla che alla Casa Bianca si insultano gli elettori americani e Kamala passa le ore a giurare di non pensarla come Biden: lei non si sognerebbe mai di definire “immondizia” un elettore americano e che anzi – a parte quel dittatore da operetta che è Trump – tutti i repubblicani sono degnissime persone con cui anzi lei spera di governare: dichiarazione, questa, considerata avventata se non suicida. Trump ha messo quindi in carico alla Harris la battuta di Biden che sembra premeditata, o comunque non del tutto innocente, per tagliare le gambe all’infida Kamala che gli ha rubato la candidatura del secondo termine.

Trump favorito

Intanto, venti milioni di americani hanno già votato nei seggi per chi ha problemi di spostamento oppure attraverso il voto postale. Nell’Election Day oltre ad eleggere il presidente si rinnoverà l’intera Camera bassa (The House) e un terzo del Senato più migliaia di magistrati elettivi che rappresentano l’uno e l’altro partito. Quanto al pronostico, si può dire solo che a scommettere su Trump si guadagna una miseria perché al bookmaker Trump è il favorito. Eppure, sia pure per centesimi, i numeri dei sondaggi dicono il contrario.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.