Prima ha incontrato Salvini che da giorni annuncia “aperture se i dati lo consentono”. Poi i governatori e i sindaci insieme a mezzo governo: il premier ha spiegato loro il Recovery plan italiano, ha svelato governance e progetti, ha confermato che il Pnrr sarà consegnato il 30 aprile. Insieme hanno ragionato sui “colli di bottiglia” che bloccano da anni il paese fino a chiedersi se «non sia necessario cambiare tutto il contesto istituzionale del paese per sbloccarlo», amministrativo, contabile, persino giudiziario. Poi un’ora e mezza con la stampa.

Tra una riunione e l’altra, i briefing continui con il generale Figliuolo e il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio per monitorare e blindare la campagna di vaccinazione che è il presupposto di tutto il resto. Su Astrazeneca la comunicazione di Ema mercoledì è stata lunare («il farmaco è sicuro anche se è possibile una relazione con alcuni casi di trombosi»), i singoli Stati Ue sono andati per i fatti loro e il povero Cts italiano e il ministro Speranza hanno firmato una circolare a dir poco pilatesca: si parla di “uso preferenziale per gli over 60” però si ricorda anche che Astrazeneca, anzi Vaxzevria, «è approvata dai 18 anni in su». Il risultato è stato che ieri mattina un buon 20% delle persone prenotate nei vari hub ha chiesto di essere riprogrammata su altri vaccini.

Un disastro. Un’emorragia insostenibile visto che tutta la ripartenza dipende dalle performance della campagna vaccinale (mercoledì sono state fatte 290mila inoculazioni, il target resta sempre 500mila entro fine aprile). La barra andava raddrizzata subito. E così Mario Draghi ha deciso di metterci la faccia. E la giornata di ieri è servita a rimettere ordine in una situazione che poteva scappare di mano. Per il dossier “aperture” dopo le proteste di questi giorni. Per stringere i bulloni della collaborazione Stato-regioni esposta a critiche e scaricabarile. Soprattutto, dovrebbe essere servita a ridare fiducia a cittadini frastornati da comunicazioni ufficiali contraddittorie e fumose. Sospette anche di qualche strumentalità. Il partito di quelli che speculano sulle macerie è sempre in agguato. “Fiducia” e “responsabilità” sono stati i due concetti su cui il premier, affiancato dal professor Locatelli, numero uno della sanità italiana, sono più volte tornati nella lunga conferenza stampa che ha fatto chiarezza su tanti punti. Provando a mettere a tacere paure, speculazioni e strumentalizzazioni.

Le “aperture” sono state il cuore dell’incontro con Salvini, dalle 15 e 30 alle 16 e 30. E delle domande dei giornalisti. «Anch’io voglio riaprire in sicurezza ma non ho ancora una data», ha spiegato Draghi. Che però ha fissato alcuni paletti: non detto che il Paese dovrà stare “chiuso” fino al 30 aprile; il criterio guida sarà il raggiungimento dell’immunità di gregge per anziani (dagli over 70 in su) e fragili; un nuovo parametro sarà individuato a giorni e inserito nella simulazioni per valutare le aperture. Può succedere tra una settimana o tra due. «E nel caso. Se necessario, faremo anche un nuovo decreto», ha spiegato. Ma quello è e solo quello sarà il criterio. Facendo chiarezza dell’abuso dell’espressione “aprire in base ai dati”. L’unico vero parametro di riferimento saranno appunto le vaccinazioni. Sulla cui programmazione il premier ha ripetuto più volte di essere “ottimista” e “fiducioso”. Anche su Astrazeneca sono state dette parole chiare e definitive: «Il vaccino è stato approvato dai 18 anni in su e raccomandato per gli over 60 ma non certo proibito per chi è più giovane». Le prossime settimane, ha promesso il premier, «saranno di aperture e non chiusure».

La stagione estiva potrà partire e anzi, sul modello isole greche covid-free già copiato da Sardegna e Sicilia, «facciamo presto a fare il passaporto sanitario. È utile e necessario, non perdiamo tempo». Al ministro Garavaglia è stato chiesto un calendario di fiere ed eventi per avviare i preparativi e predisporre i protocolli. È l’embrione della road map richiesta dal Presidente della conferenza Stato-Regioni, Stefano Bonaccini. All’ordine del giorno dell’incontro con i presidenti delle Regioni, i sindaci e le province c’era il Recovery plan italiano. Con i governatori e i sindaci il premier ha voluto fare un discorso molto franco: «Le sfide che abbiamo davanti si vincono solo insieme», «voi siete le nostre antenne sul territorio». Di più: «Non esistono le Regioni e lo Stato: ci siamo noi». Il premier ha detto di essere uscito «molto incoraggiato da questo incontro». E vorrebbe chiudere qua la stagione dello scaricabarile su una parte o sull’altra: «Tutta la gestione della pandemia è stata molto difficile, tutti noi abbiamo dovuto imparare». Il premier ha poi voluto blindare il ministro Speranza. «A Salvini (che lo attacca anche più volte al giorno, ndr) ho detto esattamente questo: ho voluto io Speranza nel governo e ho molta stima di lui». Punto e fine.

Draghi ha poi svelato agli amministratori locali per la prima volta il “suo” Pnrr, diverso da quello di Conte. E giocando abilmente con le parole ha chiarito: «Molti si chiedono se questo Piano sia in continuità o meno con il precedente: è certamente in continuità in alcune aree dove la discontinuità non aveva nessun motivo di esserci ed è in forte discontinuità in altre aree». Si tratta di «un pacchetto di investimenti molto ambizioso e un pacchetto di riforme» che va a coprire gli anni tra il 2021 e il 2026. «Un’opportunità storica che dobbiamo cogliere per migliorare le scuole e modernizzare la burocrazia, impostare la transizione ecologica e digitale». Svelata finalmente la governance del Pnrr, che è stata la miccia della crisi del Conte 2. Il modello organizzativo del Pnrr include tutti i livelli amministrativi. Due i livelli centrali, strettamente legati tra di loro.

La struttura di coordinamento centrale supervisiona l’attuazione del piano ed è responsabile dell’invio delle richieste di pagamento alla Commissione Europea, a seguito del raggiungimento degli obiettivi previsti. Accanto a questa struttura di coordinamento, agiscono una struttura di valutazione e una struttura di controllo. Le amministrazioni sono invece responsabili dei singoli investimenti e delle singole riforme. Inviano i loro rendiconti alla struttura di coordinamento centrale, per garantire le successive richieste di pagamento alla Commissione Europea. Il governo intende inoltre costituire delle task force locali che aiutino le amministrazioni territoriali a migliorare la loro capacità di investimento e a semplificare le procedure. La supervisione politica del piano è affidata a un comitato istituito presso la Presidenza del Consiglio a cui partecipano i ministri competenti.

In questo disegno, gli enti territoriali hanno quindi quattro funzioni: la responsabilità attuativa delle misure loro assegnate; supervisionano i progetti gestiti dagli enti locali e si assicurano che siano coerenti con le altre politiche regionali di sviluppo; partecipano alle strutture di sorveglianza del piano e contribuiscono alla sua corretta attuazione. Infine, beneficiano degli interventi di assistenza tecnica e di supporto operativo che arrivano dalle task force.
Il Pnrr ha tre priorità trasversali – “Giovani”, “Parità di Genere” e “Sud” – e sei missioni: Digitalizzazione, Transizione Ecologica, Infrastrutture, Istruzione e Ricerca, Inclusione e Coesione e Salute. La digitalizzazione (“parliamo di futuro Presidente, basta con i numeri della pandemia e altre tristezze” lo ha incalzato in conferenza stampa Cecchi Paone) punta a una diffusione capillare della fibra ottica su tutto il territorio e in particolare nel Mezzogiorno. Dovrà sostenere i settori culturali e creativi del Paese, duramente colpiti dalla pandemia.

Ad esempio, è stato spiegato, «vogliamo rendere le imprese del settore turistico più competitive e permettere loro di digitalizzare i propri servizi». La transizione ecologica investirà nella tutela del territorio e delle risorse idriche «per prevenire e contrastare gli effetti del cambiamento climatico sui fenomeni di dissesto idrogeologico e accelerare, in maniera decisa, la ricostruzione nelle aree terremotate». Per quanto riguarda le infrastrutture, il Pnrr si concentra sull’Alta velocità al Sud per merci e passeggeri al fine di collegare tutto il Paese al resto d’Europa. Saranno rafforzate le linee ferroviarie regionali e i nodi metropolitani, «con particolare attenzione all’elettrificazione delle linee meridionali e alla modernizzazione delle stazioni ferroviarie». E poi i cantieri per la manutenzione di ponti, viadotti e galleria sulla rete autostradale italiana e in particolare sulla A24 e A25 che attraversano l’Italia da Est a Ovest.

Asili e scuole materne “fondamentali per raggiungere una vera parità di genere”. Si scommette sugli istituti di formazione professionale (Its) e sull’ampliamento di sussidi, alloggi e sgravi fiscali «per i ragazzi meritevoli in condizioni economiche e sociali difficili». Più ricerca e più sviluppo e, ha aggiunto Draghi, «incentivare i privati a fare lo stesso soprattutto al Sud dove la domanda di innovazione è ancora carente». Per fare tutto questo, oltre alla collaborazione di tutti e al superamento di quei famosi “colli di bottiglia”, sono previste «assunzioni qualificate e programmi di formazione per adeguare le competenze del settore pubblico».

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.