Scudetto fu, tutta n’ata storia: Napoli torna campione

Napoli torna campione. Non è più la canzone da stadio più famosa, non è più l’invocazione alla Musa del calcio al Dio Diego Armando Maradona, non è più la preghiera di un popolo ai suoi giocatori. È realtà, è succiess! Cioè: è successo! Il Napoli si accomoda sul tetto d’Italia, la poltrona per i più forti è tutta loro.

Gli undici campioni azzurri guidati dal capitano dei capitani Luciano Spalletti hanno conquistato il tricolore, con loro una città impazzita, in delirio, in estasi. La pazza gioia è scoppiata come il fuoco d’artificio più bello di sempre, un big bang che ha illuminato la città del Vesuvio e inumidito gli occhi di chi ancora non ci crede. Il terzo scudetto è tutto azzurro. La festa, lunga, lunghissima, infinita che è iniziata due mesi fa quando abbiamo capito che quel sogno così agognato poteva diventare realtà è entrata nel vivo.

Tutti invitati, tutti azzurri, tutti vicini. La partita si giocava alla Dacia Arena di Udine mentre al Maradona migliaia di tifosi si riunivano per guardarla dai maxischermi allestiti all’interno dello stadio partenopeo. Entrambe le arene erano strapiene. Il fischio di inizio alle 20,45 e si parte. La tensione è alle stelle, la squadra di Spalletti avverte il peso di tutta una città che vedeva il sogno avvicinarsi dopo 33 lunghissimi anni di sofferenza e dopo averlo sfiorato più volte negli ultimi anni.

Al tredicesimo minuto l’Udinese pasta in vantaggio, segna Lovric. Niente paura. Ci pensa Osimhen al 52esimo a buttare il pallone nella rete avversaria. È pareggio. È scudetto. È la notte più bella di sempre. Esplode lo stadio, il boato del Maradona è incredibile: abbiamo vinto! E l’aria si colora d’azzurro. Le lacrime di Luciano Spalletti sigillano un legame con i suoi ragazzi e con la città che è oramai indissolubile. L’allenatore dedica la vittoria alla famiglia e al fratello Marcello scomparso quattro anni fa. A Napoli piangono tutti.

Un milione di persone impazzite colorano le strade della città, i fuochi d’artificio la illuminano a festa. È una gioia che si attenua solo verso le prime ore dell’alba. Il murales di Maradona ai Quartieri Spagnoli è l’altarino sacro al quale andare a rendere omaggio. La città è impazzita. E in un’occasione così fuori controllo i disagi ci sono stati ed erano prevedibili. Taxi introvabili, metro bloccate, forze dell’ordine che faticavano a contenere le persone, sono più di duecento i tifosi arrivati in ospedale per le ferite riportate durante i festeggiamenti. E poi quella macchia che riesce sempre a sporcare tutto. Nella notte degli abbracci, muore un ragazzo di ventisei anni. Un regolamento di conti, la firma è della camorra che in questo stesso agguato ferisce tre giovani. Un dolore che arriva e come un elefante in una cristalleria sbriciola quella felicità pura e delirante.