La scuola “è presenza” ma la didattica a distanza “è un patrimonio che non può essere disperso”. Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, dice no alle “guerre di religione” e invita tutti a imparare pure da questa tremenda esperienza per arrivare a un uso “più consapevole e competente anche degli strumenti informatici”. Al momento però c’è da affrontare la realtà con le chiusure che ogni giorno diventano più massive in varie parti d’Italia, ad eccezione della Sardegna dove il governatore Solinas punta al rientro in classe al 100% di tutti gli studenti.

Un termine che Bianchi non accetta. “La scuola ha sempre lavorato e continuerà a farlo. Si farà didattica a distanza nelle zone rosse o in quelle con situazioni epidemiologiche che richiedono maggiori restrizioni”, spiega. Nel frattempo non bisogna lasciare le famiglie sole e servono “il prima possibile” i congedi parentali. Il ministro precisa poi che non ci sarà una prosecuzione dell’anno scolastico fino al 30 giugno quanto “percorsi di orientamento e di sostegno della singola persona”.

Intanto Bianchi ha firmato le ordinanze che riguardano gli esami di maturità (dal 16 giugno) e di terza media da tenersi in modalità orale e in presenza. Ma fra studenti e genitori il malcontento rimane alto. La critiche sono soprattutto verso il rapporto fra gestione della pandemia e mondo della scuola. “È vero che i ragazzi e i professori non sono stati certamente a dormire durante la dad ma c’è un gap educativo enorme che è peggiorato. La didattica a distanza non può essere la soluzione, non si lavora per la scuola in presenza”, lo sfogo con LaPresse di Luca Ianniello, rappresentante della Rete degli studenti Medi.

Una linea che “non mi sembra sia cambiata dal governo Conte a quello Draghi, anzi la sensazione è che sia peggiorata”, aggiunge ancora parlando di “incubo che si ripresenta” e “scaricabarile” fra stato centrale e governatori. Un punto di vista che unisce i ragazzi ai genitori. “Perché la scuola e le famiglie devono pagare per gli errori e le mancanze della politica?”, si chiede Stefania Cecchetti, presidente del Comitato a Scuola, interpellata sul tema. “I bambini più grandi sono a casa da un anno: stiamo creando una generazione di disagiati. Da noi le scuole sono il capro espiatorio, ma ora la scusa non regge più”.

Una battaglia che coinvolge pure il mondo degli addetti ai lavori con gli insegnanti che chiedono al più presto di essere vaccinati. Una pretesa che trova ampi consensi in tutto il mondo scolastico. “Speriamo che tutto il personale possa essere immunizzato entro settembre – la riflessione di Ianniello – noi studenti aspetteremo il nostro turno, ma se cercate dei negazionisti non lo fate fra i più giovani perché sbagliate tutto”. (Fonte: LaPresse)

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