E' un sistema che aumenta differenze sociali
Scuola con più bocciature e classi divise in bravi, cattivi e ‘io speriamo che me la cavo’: Italia segua Finlandia e non la Francia
Nel “Si&No” del Riformista spazio al riforma francese delle scuola con la possibilità di bocciare di più e con classi divise secondo il livello: giusto? Favorevole il direttore responsabile del Riformista Andrea Ruggieri secondo cui “meglio ripetere e sistemare le lacune che pagarle poi nel mondo del lavoro“. Contraria invece Eleonora Evi, Deputata Alleanza Verdi Sinistra, che sostiene: “E’ un sistema che replica in piccolo le differenze sociali aumentando la forbice“.
Qui il commento di Eleonora Evi:
Nella società della competizione e della prestazione, dove tutto diventa una gara a chi fa meglio, a chi fa prima, è facile farsi convincere che la proposta del ministro francese dell’Istruzione Gabriel Attal sia giusta: più bocciature per chi colleziona brutti voti e classi suddivise in tre gruppi, i bravi, quelli che “io speriamo che me la cavo” e i cattivi. Un sistema basato su valutazioni che inquadrano il livello delle studentesse e degli studenti in modo freddo e rigoroso e, in presenza di insufficienze, si viene inesorabilmente bocciati. Un sistema che replica in piccolo le differenze sociali già presenti nella nostra sfilacciata società, le acutizza rendendole ancora più visibili, alimentando sempre più la forbice sociale delle disuguaglianze. Siamo sicuri che un sistema di questo tipo sia ciò che serva davvero?
Soprattutto in un momento storico in cui l’umanità ha sfide epocali da affrontare che hanno a che fare con la stessa sopravvivenza su questo pianeta, come la crisi climatica, o ancora, il risprofondare nell’abisso della guerra? Siamo sicuri che modelli che mettono al centro la collaborazione, la giustizia sociale, il benessere fisico e mentale, in poche parole, la felicità delle persone non siano migliori per ricostruire questa nostra società ammaccata? Penso al modello finlandese, dove non esiste la scuola privata ma solo quella pubblica, e dunque dove tutte le bambine e tutti i bambini frequentano le stesse scuole a prescindere dallo stipendio o dal livello di istruzione dei genitori, dove si tende a non dare voti negativi e a dare più importanza alla responsabilità e alla fiducia rispetto alle verifiche o agli esami, e ancora dove i percorsi di apprendimento sono flessibili per dare di volta in volta risposte ai bisogni, un approfondimento, un recupero o lo sviluppo di un particolare talento, un modello di apprendimento in cui si impara facendo, si stimola la curiosità e la capacità di fare domande, al posto di interventi diretti e preconfezionati da parte dei docenti.
Insomma, un sistema dove l’obiettivo non è ottenere risultati per soddisfare statistiche e omologare le studentesse e gli studenti, semmai, quello di dare a ciascuna e ciascuno gli strumenti per dare il massimo delle proprie capacità e diventare la migliore espressione di sé stessi. Ma tutte queste riflessioni su quale modello scolastico sia migliore si infrangono miseramente sulla realtà della scuola nel nostro paese. Docenti precari, sottopagati, tanti, troppi, intrappolati nel limbo delle graduatorie e senza prospettive future per poter costruire progetti di vita, per non parlare dello stato degli edifici, inefficienti quando non pericolanti, drammaticamente sprovvisti di beni e strumenti, da quelli basici a quelli tecnologici, ormai nel 2023, da considerare il minimo sindacale.
E infine il ruolo stesso degli insegnanti, oggi troppo spesso mortificati e scavalcati da genitori che ne sminuiscono l’autorevolezza. Ecco, un’altra differenza con la Finlandia, dove casi di questo tipo non esistono, dove un insegnante viene rispettato e il suo lavoro riconosciuto al pari di altre professioni come medici, avvocati ecc. La politica ha davanti a sé quindi grandi responsabilità. Che senso ha sperperare miliardi di euro in opere faraoniche come il Ponte sullo Stretto quando le priorità e le emergenze del paese sono altre, come la scuola?
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