"Se passa l'autonomia del Nord, il Sud muore"
“Scuola, trasporti, sanità: giovani a piedi nel sud abbandonato”, l’appello di monsignor Accrocca

Le “aree interne” non vanno abbandonate. Parola dei vescovi italiani. In 30 si sono riuniti a Benevento, a distanza di tre anni dal primo incontro, per chiedere alla politica di non abbandonare a loro stesse le aree interne del nostro Paese, che soffrono per carenze di servizi. Il messaggio è chiaro: no alla cosiddetta “autonomia differenziata” che aumenterebbe solo il divario tra Nord e Sud, tra aree urbane e non.
A rinforzare la richiesta, c’è stata la presenza del presidente della Cei, il cardinale Zuppi, che ha chiuso i lavori con un deciso intervento a sostegno del messaggio dei 30 presuli che chiedono alla politica “interventi seri, concreti, intelligenti, ispirati da una progettualità prospettica” e “non viziata da tornaconti elettorali”. L’arcivescovo di Benevento, mons. Felice Accrocca, ha accettato di rispondere ad alcune domande.
Prima di tutto: chi c’era all’incontro che ha ospitato e promosso?
Erano presenti 30 vescovi, da tutte le regioni del Sud, dal Lazio, dall’Abruzzo, ma anche dalla Toscana, dall’Emilia, dal Piemonte. Avrebbe voluto esserci l’arcivescovo di Trento. Dunque il tema delle aree interne è questione nazionale, anche se più forte nel Sud Italia. Non vogliamo che si accentui il divario nel Paese perché se passasse l’autonomia differenziata, si rischierebbe di aumentare il divario. Poi, certo, il tema delle aree interne e delle loro difficoltà di accesso ai servizi importanti, è diverso, ad esempio, tra Lombardia, Campania e Sicilia.
La coincidenza con il voto non lo rende un tema da campagna elettorale dunque strumentalizzabile?
Qui siamo nell’ambito di un discorso più ampio. Certo oggi coincide con la campagna elettorale e fa notizia. Però c’è un lavoro concorde tra noi vescovi e gli amministraetori dei nostri territori che parte da prima. A maggio, ad esempio, abbiamo realizzato un forum con i ministri Giovannini e Carfagna, sempre a Benevento. La Cei si è mossa in prima persona. Il tema dei territori interni del nostro Paese è cruciale per molti versi. Chi controlla il territorio? Dal punto di vista della tutela dell’ambiente, del patrimonio artistico, se soffrono alcune aree, tutto il Paese ne risente. Noi vescovi siamo certamente in prima fila e tiriamo la volata, come si dice, però deve considerare un aspetto: se le nostre zone si dissanguano fino a morire, poi cosa accadrà? Se i giovani vanno via e non hanno possibilità di studiare e restare qui, cosa accadrà a tutta l’Italia?
Mi sta dicendo che il giudizio sulla “politica” è assai negativo?
Certo non vedo un’attenzione vigile. Ma ci sono differenze da cogliere. Gli amministratori locali, i sindaci, sono colpiti dal problema e si trovano in prima linea, allo stesso modo è in prima linea un parroco o anche un vescovo. Poi certo dai politici a livello nazionale a volte non c’è grande attenzione. La ministra Carfagna dopo l’incontro di maggio ha ricevuto i sindaci, e da quell’incontro – al quale ero presente – è scaturito l’inserimento della Comunità montana del Fortore, che raccoglie i comuni lungo il fiume nella provincia di Benevento e nella Valle del Miscano, nelle Aree Snai; molte questioni, però, restano sul tappeto e lontane dal venire risolte. Cosa in futuro accadrà non lo so. Però ai sindaci ho chiarito bene un aspetto: solo in sinergia tra tutti noi, avremo risultati.
In concreto quali sono le richieste?
Scuola, trasporti, sanità. Le pare poco? Chiediamo non solo attenzione, ma intelligenza e progettualità. A Benevento abbiamo un polo universitario di eccellenza. Ma gli studenti per la maggior parte non sono residenti e quando devono rientrare dopo il fine settimana, ebbene, farebbero prima ad arrivare a piedi! Si tratta di applicare i princìpi e i diritti costituzionali, che valgono per tutti e le Aree interne non possono venire discriminate. L’ho ripetuto ai sindaci: impariamo a fare gioco di squadra, gli uni per gli altri, non contro qualcun altro. Non è una predica da parroco o da vescovo, ma un principio di sana economia
Non si sente in una veste politica?
Guardi, la presenza di 30 vescovi a Benevento su questo tema ha voluto dire avere in rappresentanza il 15% della Conferenza episcopale, con il presidente della Cei e dunque un impegno in prima persona a livello istituzionale. Sindaci e parroci sono lì a presidiare i territori. Certamente siamo sacerdoti, non attori sociali. Ma proprio per questo siamo vicini alla gente, ci rendiamo conto dei problemi e dobbiamo insistere: la musica del nostro Paese e nel nostro Paese, deve cambiare. In meglio.
© Riproduzione riservata