Il dibattito
Se gli appalti si bloccano non è colpa del Codice
Ho seguito sul Riformista il dibattito sul codice degli appalti. Ritengo che imputare al codice, di cui sono stato relatore al senato, ed ad Anac, la responsabilità del, presunto, blocco dei lavori e delle forniture sia una operazione che non corrisponda alla realtà. Prima dell’approvazione del codice, nel 2015, questo paese non faceva altro che lamentarsi di come i lavori pubblici e le forniture di beni e servizi fossero oggetto di scandali, affidamenti al massimo ribasso con le conseguenze che tutti conosciamo, affidamenti diretti, lievitazione dei costi dovuti alle continue varianti e riserve, appalti integrati che invece di accorciare i tempi e i costi delle opere producevano il risultato contrario.
Per non parlare del tema del subappalto, diventato lo strumento principe della criminalità organizzata per focalizzare i propri interessi negli appalti pubblici; non meno importante è l’uso che ne facevano le grandi imprese per scaricare sul sistema delle piccole e medie imprese i ribassi praticati in fase di gara per aggiudicarsi gli appalti. Questo meccanismo produceva come unico risultato quello di avere lavori e servizi non in linea con gli standard minimi richiesti. Oggi, dopo la riforma che ha limitato la possibilità di subappalto, scelta fatta consapevoli di essere non in linea con la normativa europea ma calata nella relata italiana, tutti a chiedere il subappalto libero e senza controlli. A me pare un tentativo ipocrita quello di scaricare sul codice appalti e su Anac responsabilità che non hanno e che vanno ricercate nella poca disponibilità di una parte della PA ad attuare le norme che richiedono quel minimo di assunzione di responsabilità che è lecito richiedere.
E va ricercato nel sistema delle imprese che, in molti casi, non ama la competizione sulla qualità del progetto ma preferisce la scorciatoia del prezzo più basso. La giustificazione secondo la quale i dirigenti pubblici non firmano più niente perché spaventati dall’azione dei Pm non sta in piedi. So perfettamente che ci sono molti casi di indagini costruite su teoremi senza fondamenta ma sono frutto molto spesso di mega-appalti, vedi Consip, costruiti malissimo, forse non a caso, che determinano una guerra sui prezzi invece che premiare la qualità e la competenza. Non a caso sono stato tra i pochi che volevano modificare l’impostazione delle gare di Consip, ma purtroppo la mia tesi uscì sconfitta. Imputare al codice o ad Anac responsabilità su questo è un’operazione falsa e priva di fondamento. Semmai il codice è lo strumento che se utilizzato in modo corretto e puntuale, dove necessario con il contributo di Anac, evita di pubblicare gare che daranno più lavoro agli avvocati che a ingegneri e operai.
Invece di fare questo si continua a cercare un capro espiatorio da offrire in pasto al popolo e parallelamente teorizzare di tornare al sistema dei commissari e delle deleghe che tanti danni hanno prodotto in questo paese. Chi utilizza il ponte Morandi per giustificare questa opzione compie un’operazione sbagliata; quel metodo non è utilizzabile per la ripartenza del paese. Anzi se si vuole modificarlo definitivamente questa è l’opzione perfetta. Nessuno poi si lamenti se le Procure italiane saranno le vere protagoniste.
Possibile che nessuno ricordi quanto avvenuto in occasione di Expo? Se non fosse stato per il grande e duro lavoro di Cantone e di Anac, Expo non avrebbe probabilmente aperto. Non servono scorciatoie, non serve riesumare la legge obbiettivo, serve applicare le norme, serve dare ad Anac poteri incisivi e una guida autorevole, come era quella di Cantone, e le risorse affinché possa svolgere il ruolo di supporto e accompagnamento che ha svolto tra il 2015 e il 2018. Poi sono arrivati al governo leghisti e grillini ed è iniziata la sistematica guerra a Cantone e la progressiva demolizione di Anac.
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