Il post sul caso della cooperante rapita in Africa
Se la minigonna rende liberi: il tweet del leghista su Silvia Romano che indigna il web
È una specie di gioco di parole quello di Alessandro Morelli. Il giornalista, deputato della Lega, ha postato sui social una foto di Silvia Romano, la 24enne cooperante milanese, sequestrata per 18 mesi dai terroristi islamici di Al Shabaab e tornata in Italia, dopo la liberazione, domenica 10 maggio. Un collage più che una foto: perché nel post di immagini ce ne sono due. Un vero e proprio confronto tra il prima e il dopo che ha scatenato da subito molte critiche.
A sinistra, Silvia Romano con un abito corto blu. A destra, l’immagine della cooperante appena sbarcata all’aeroporto di Ciampino, a Roma, dopo essere stata liberata. E quindi con un largo jilbab, abito della tradizione somala e musulmana. “Liberata?”, scrive Morelli. Facendo riferimento all’operazione, condotta dai servizi italiani dell’Aise con i servizi turchi e somali, che ha messo fine a 535 di prigionia tra Kenya e Somalia. E quindi alla conversione di Silvia Romano alla religione musulmana, dichiarata dalla stessa 24enne all’intelligence e nell’interrogatorio, davanti al pubblico ministero Sergio Colaiocco e ai carabinieri del Ros, al suo ritorno in Italia. Una conversione avvenuta senza violenze e senza costrizioni, ha dichiarato Romano. Alla psicologa alla quale è stata affidata dopo la liberazione, riporta il Corriere della Sera, ha rivelato il suo nuovo nome dopo la conversione: Aisha.
Dopo le prime speculazioni sul riscatto e sull’ammontare del presunto riscatto, dopo le prime pagine dei giornali che parlano di Romano come di un'”ingrata” e della conversione manco fosse un tradimento, l’attenzione torna quindi sul corpo. Il corpo della donna. In questo caso reduce da un’esperienza atroce e indescrivibile. In merito alla quale solo la protagonista potrà trovare, e forse non da subito, parole adeguate – anche se lei stessa ha detto, queste le sue prime dichiarazioni dopo l’atterraggio, di stare bene sia psicologicamente che mentalmente. Un corpo che dunque non è degno se coperto da una tunica islamica, un corpo che non va bene quando è vestito sempre uguale come nel caso di Giovanna Botteri, un corpo che non è giusto se ha qualche chilo in più o in meno come Adele, un corpo che incita allo stupro se coperto troppo poco. Ma certo non in questo caso: in questo caso la libertà starebbe nella minigonna. E non nella possibilità di scegliere cosa indossare.
Liberata?#Aisha pic.twitter.com/WytsO0dANC
— Alessandro Morelli (@AMorelliMilano) May 11, 2020
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