Editoriali
Se stanno tutti coi buoni, ai cattivi chi ci pensa?

La società italiana è talmente incrostata di cattiveria da rendere irrilevante la ricerca di elementi di umanità nelle esistenze mostruose. Il fatto più terribile è che gli elementi di umanità sono più difficili da reperire fra le vite angeliche che in quelle demoniache: il bene rinuncia alla comprensione del male, si auto riflette e vive in una rappresentazione dell’umanità. Chi sta nel giusto tifa, a ragione, per la distruzione del male. Ma chi sta nel giusto? Qualcuno se lo è chiesto mai come davvero si dovrebbe essere? E un riparo, o almeno un contenimento del male, si può ottenere? La verità è che migliaia e migliaia di ragazzi nati male riempiranno celle buie o bare strette.
La verità è che la marginalità produce devianza, nel Sud dell’Italia, nella periferia delle città, nei margini del mondo. E la marginalità, in posti periferici in cui si è lasciato che le controculture criminali diventassero dominanti, è una bomba atomica che lascerà scampo a pochi e gli effetti radioattivi si approprieranno del futuro. La verità è che migliaia e migliaia di ragazzi meridionali finiranno male, dopo aver fatto danni irreparabili a migliaia e migliaia di innocenti. Avranno la sorte dei loro fratelli delle generazioni che li hanno preceduti. E a nessuno frega nulla. Pensare ai cattivi è un tifo perdente, in un conformismo cinico imperante.
Il tifo è facile da un comodo divano con gli hippy hippy urrà di fianco a giustizieri implacabili. Bisogna esserci nati nei posti della marginalità, per aver coscienza della umanità che vi nasce, di quella che vi sopravvive e di quanta necessità ci sia di non lasciare alla deriva questi sentimenti. L’abbandono e il bastone sono le risoluzioni scelte. Non servono profeti per vedere il futuro che continuerà a essere quello: ragazzi che saranno tonnellate di carne da galera e innocenti che pagheranno per quelle scelte. E spesso anche da chi vuol comprendere arrivano al massimo carezze, le carezze che si concedono ai bambini, piccoli ancora per capire.
E quello sono i nati male: un popolo di bambini molestati che ha invertito le responsabilità, e si attribuisce le colpe delle violenze altrui.
Li hanno messo sul banco degli imputati e loro ci stanno su afflitti, pronti a confessare qualunque misfatto. Se parlano di loro stessi lo debbono sempre e solo fare parlando in termini di riscatto, ambire al perdono. Ma quale riscatto, e rispetto a quali colpe? Vivono schiavi, al servizio, e salgono sopra qualunque convoglio, ovunque li spediscano, a curare i beni altrui.
Hanno un’unica e immensa responsabilità: di non aver lottato fino in fondo per la loro libertà. Hanno colpa di non prendere a calci quelli che fra loro li tradiscono. Rispetto a questo sono colpevoli, senza alcun alibi. Ma rispetto ad altre società che si sentono perfette in confronto a loro, e li utilizzano in chiave consolatoria, non hanno riscatti o colpe da pagare. Non hanno bisogno del perdono. E devono scrollare la cenere dal capo e scendere dal banco degli imputati.
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