Una giornata, quella di ieri, che ha visto grande sensibilità e partecipazione alla causa dei migranti. Mentre Mediterranea Saving Humans ha lanciato una campagna social per la liberazione delle navi umanitarie bloccate nei mari siciliani, papa Francesco ha incontrato 43 rifugiati arrivati da Lesbo e ospitati dalla Santa Sede e dalla comunità di Sant’Egidio. Durante l’incontro, il Papa ha mostrato un giubbotto appartenuto a un migrante anonimo, morto nel Mediterraneo lo scorso luglio, che ha ricevuto come dono. Con questo gesto ha voluto sottolineare l’imprescindibile impegno della Chiesa nel salvare le vite dei migranti, per poi poterli accogliere, proteggere e integrare. «Siamo di fronte a un’altra morte causata dall’ingiustizia – ha detto Francesco – è l’ingiustizia che costringe molti migranti a lasciare le loro terre per poi farli morire in mare». Papa Francesco ha fatto poi collocare una croce nell’accesso al Palazzo Apostolico dal Cortile del Belvedere in ricordo dei migranti e dei rifugiati, invitandoli al Vaticano. E poi ha concluso incalzando i politici: «Non è bloccando le navi che si risolve il problema – ha continuato – bisogna impegnarsi seriamente, valutando e attuando tutte le soluzioni possibili».

Ieri è stata anche la giornata del provvedimento del servizio centrale Siproimi (ex Sprar), emanato su indicazione del Viminale, che ha disposto l’uscita delle persone con permesso umanitario, prevista per il 31 dicembre. «Una comunicazione – commenta Filippo Miraglia, responsabile immigrazione Arci – che rischia di mettere diverse migliaia di persone per strada in pieno periodo natalizio». Tempo dell’anno, questo, riconosciuto come ostile non solo per le temperature rigide, ma anche per il rischio di incorrere in servizi comunali erogati a regime ridotto a causa delle festività, specie se si considera che tra le migliaia di persone che corrono il rischio di rimanere in strada ci sono anche famiglie con minori. Miraglia ha poi chiarito: «È un intervento che non tiene conto della recente sentenza della Cassazione, del 13 novembre 2019, che ha definitivamente certificato la non retroattività della legge, che quindi non può applicarsi ai progetti d’accoglienza avviati prima dell’ottobre 2018». Miraglia ha concluso con la richiesta ai comuni di presentare ricorso e di rifiutarsi di attenersi al contenuto del provvedimento, auspicando infine un urgente intervento da parte del governo.