Il caso
“Sei laureato?”, il giudice onorario e l’avvocato nero: “Un equivoco, non è razzismo”

Spiacevole malinteso o gesto di razzismo? L’episodio avvenuto ieri mattina in un’aula del Tribunale per i minorenni di Napoli ha sollevato la questione, scatenando un vivace dibattito negli ambienti giudiziari napoletani, in particolare in quelli dell’avvocatura sempre più stanca di essere trattata come una categoria ai margini del processo. Il protagonista della vicenda è l’avvocato Hillary Sedu, civilista e consigliere dell’Ordine degli avvocati di Napoli: ha 34 anni, è nato in Nigeria ma ha sempre vissuto in Italia perché i genitori si trasferirono nel nostro Paese poco dopo la sua nascita.
Ieri mattina era in aula per assistere una donna immigrata e la sua bambina per una pratica relativa al rilascio del permesso di soggiorno. Giunto il suo turno per la discussione, il professionista si è ritrovato dinanzi al giudice. È il rituale di ogni udienza, ma ieri è accaduto quel che rende la vicenda singolare e che ha spinto l’avvocato Sedu a segnalarlo pubblicamente con un post sulla sua pagina Facebook e parlarne nella seduta del Consiglio dell’Ordine degli avvocati in calendario proprio per ieri. Il giudice (una psicologa che svolge funzione di giudice onorario al tribunale per i minorenni) – come ha raccontato il civilista – si è rivolto a lui dandogli del “tu”, gli ha chiesto il tesserino (e fin qui nulla di anomalo) ma poi gli ha domandato: «Sei laureato?».
Quindi è salita al piano superiore per confrontarsi con il giudice togato prima di dare il via all’udienza. Lì per lì l’avvocato Sedu avrebbe voluto cedere alla sua impulsività e rispondere per le rime a quel giudice che riteneva che non si sarebbe mai comportata allo stesso modo con un avvocato con la pelle bianca, ma in aula è rimasto calmo, ha risposto alle domande del giudice, ha mostrato il tesserino e alla fine ha discusso la causa. «Ho voluto mettere avanti il bene della causa da trattare – ha spiegato – perché ne va della vita della mia assistita e della sua bambina». In aula, al momento del botta e risposta tra il giudice onorario e l’avvocato Sedu, non c’erano altri avvocati. La causa si discuteva a porte chiuse.
Sulle prime l’avvocato Sedu ha ricevuto la solidarietà di un cancelliere a cui, a udienza conclusa, ha raccontato quel che era accaduto. Poi, una volta che la notizia ha cominciato a circolare negli ambienti giudiziari e dell’avvocatura napoletana, è stato sommerso da messaggi di vicinanza e di stima e da commenti che hanno stigmatizzato il comportamento del giudice. Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli ha previsto una seduta straordinaria per ridiscutere del caso e valutare eventuali iniziative, e il presidente Antonio Tafuri ha commentato: «L’episodio è esecrabile e colpisce che sia accaduto proprio in un tribunale istituzionalmente deputato alla tutela delle persone discriminate».
Al Tribunale per i minorenni, però, la questione è stata ridimensionata a un «malinteso» escludendo con fermezza qualsiasi riferimento a forme di razzismo: «Non appartengono a questo ufficio né a chi vi lavora». Il presidente del tribunale per i minorenni Patrizia Esposito ha infatti precisato: «Mi amareggia che il Tribunale per i minorenni sia stato tacciato di razzismo. Come cittadini siamo distanti da dinamiche mentali del genere e come giudici ogni giorno ci occupiamo di adozioni internazionali, tutela di minori stranieri non accompagnati, adoperandoci per trovare le migliori condizioni di accoglienza». Il sospetto che nelle aule di quel tribunale possa esserci consumato un atto di razzismo è come uno schiaffo.
E allora come spiegare l’accaduto? «Si è trattato di uno spiacevole equivoco. Il giudice ha chiesto doverosamente il tesserino dell’avvocato e i documenti identificativi della parte assistita. Riscontrando una discordanza con i dati anagrafici della parte emergenti dagli atti, ha scrupolosamente ritenuto di confrontarsi con il giudice togato e ha chiesto all’avvocato se avesse il mandato», ha aggiunto Esposito. Tra mandato e laureato potrebbe essersi consumato il fraintendimento. «In buona fede da entrambe le parti, forse causato dalla mascherina che ovatta i suoni», ha precisato la presidente invitando l’avvocato Sedu in ufficio per chiarire la spiacevole vicenda.
© Riproduzione riservata