Gianni Alemanno, l’ex sindaco di Roma, è stato condannato a sei anni di prigione, per corruzione, dalla Corte d’Appello di Roma. È una condanna pesantissima: sei anni sono previsti per chi commette il reato di stupro. Alemanno è accusato di non aver impedito che una certa somma – secondo i Pm circa 250mila euro – sia finita, in parte, a una fondazione politica che faceva capo a lui. La somma sarebbe stata versata dal famoso Salvatore Buzzi, del quale abbiamo parlato tante volte e al quale abbiamo anche dato voce sul nostro giornale, ma non ad Alemanno, bensì a Franco Panzironi (ex Ad di Ama) che in parte l’avrebbe tenuta per se, in parte l’avrebbe versata a due Fondazioni politiche, quella di Alemanno, che è una fondazione di destra, e una fondazione intitolata ad Alcide De Gasperi. Gli aspetti misteriosi di questa sentenza sono diversi.

Il primo sta nella sfida dichiarata alla Cassazione. Perché? Perché il processo Alemanno è uno stralcio del più grande processone Mafia-capitale. Che è finito in Cassazione. E la Cassazione, che ha giudicato i presunti corruttori di Alemanno, ha stabilito che in quella donazione non ci fu il reato di corruzione ma semplicemente il reato di traffico di influenze, che prevede una pena enormemente inferiore. La Corte d’Appello ha ignorato la sentenza della Cassazione e ha condannato Alemanno per corruzione. In Italia può succedere: una Corte dice che hai ucciso, un’altra che sei stato ucciso…

Qui sta il secondo mistero. Come può essere corrotta una persona se non esistono i corruttori? La Cassazione ha detto che non ci sono corruttori, ma può un ex sindaco essere corrotto senza che nessuno lo corrompa? Anche perché non si è trovata nessuna contropartita concessa da Alemanno ai corruttori- non corruttori. E allora? Diciamo pure che è stata una sentenza – come si dice? – etica: Alemanno è corrotto nell’intimo, nel Dna, nella sua oscena natura di ex sindaco, ex fascista, ex almirantiano, ex politico, ex ministro…. va bene così?

Terzo mistero: la pena. La Procura generale ha chiesto tre anni e mezzo. La Corte, dopo una Camera di Consiglio che è durata mezz’ora (molto meno di una riunione di redazione del Riformista) ha quasi raddoppiato gli anni di carcere. Perché? Per fare rumore, per fare bella figura. Nessuno al mondo – credo- neanche tra chi ha una pessima opinione di Alemanno e magari gli sta pure antipatico, può negare che siamo di fronte a una sentenza politica clamorosa, netta, da tribunale speciale: lontana mille miglia da ogni principio e da ogni pratica del Diritto. Potrei adesso parlarvi dello scandalo Palamara? Voi dite che stavolta non c’entra niente? Non sono sicuro. L’impressione è che anche stavolta le appartenenze politiche abbiano contato molto di più della legalità e della ricerca del vero.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.