Cosa si intende per “diverso procedimento”? Quando due fatti che si ipotizzano reati danno origine a procedimenti diversi e quando possono dirsi collegati tra loro? Sono domande che all’apparenza sembrano poter trovare facile risposta nella norma e invece, negli anni, hanno generato due distinti orientamenti che hanno in qualche modo finito per condizionare le sorti di indagini e processi. Ma il tema è cruciale per capire quando le intercettazioni autorizzate in un procedimento possono essere usate in un procedimento diverso e quando non possono esserlo; utile per stabilire i confini entro i quali i pm possono utilizzare lo strumento investigativo delle intercettazioni come mezzo di ricerca della prova e non già anche come mezzo di ricerca di nuove notizie di reato.

È materia che infiamma il dibattito giudiziario. La sentenza della Cassazione a sezioni unite di gennaio scorso, ristabilendo i limiti dell’utilizzabilità delle intercettazioni quando riguardano indagini diverse, annuncia una sorta di rivoluzione in diversi processi e inchieste in corso. Negli uffici giudiziari si valuta la gestione delle intercettazioni alla luce del nuovo orientamento dettato dalla Cassazione a sezioni unite che, di fatto, vieta l’utilizzo di quelle intercettazioni autorizzate per reati diversi e tra i quali non vi sia una connessione forte. La materia è estremamente rilevante. Secondo le prime previsioni, si stima che un processo su tre subirà una rivisitazione dopo la sentenza Cavallo. Ed ecco perché questa pronuncia assume un valore rilevante non solo sul piano giurisprudenziale, ma anche culturale.

Per alcuni è un punto di arrivo, per altri un punto di partenza. Per alcuni apre una nuova strada, per altri chiude semplicemente quella che si era aperta nel solco di una legge con un’interpretazione non univoca. La nozione di “diverso procedimento” è il nodo. Alla sentenza Cavallo si è arrivati partendo da una sentenza dei giudici di Bergamo e Brescia su un’inchiesta avviata nel maggio 2010 per fare luce su un’ipotesi di reato di utilizzazione indebita di notizie riservate e finita poi per coinvolgere anche un carabiniere per un’ipotesi di peculato e falso in atto pubblico. Tutto si basava sul contenuto di conversazioni spiate al telefono.

«Sono inutilizzabili perché in violazione dell’articolo 270 del codice di procedura penale», avevano tuonato gli avvocati della difesa, i penalisti Francesco Cioppa ed Emilio Gueli. Ma Tribunale e Corte di Appello avevano tirato dritto per la propria strada, rigettando le eccezioni difensive e ritenendo sufficiente il collegamento “meramente occasionale”, senza che tra le notizie di reato vi fosse alcun nesso derivante dalla connessione probatoria o investigativa. Un orientamento bocciato ora dalle Sezioni Unite. Ma ripercorriamo l’iter: a febbraio 2019 la questione approda in Cassazione, sesta sezione. Gli avvocati Cioppa e Gueli ripropongono il tema della inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche e al centro del dibattito giudiziario ci finisce ancora una volta un concetto piccolo quanto fondamentale, “il diverso procedimento”. La Cassazione analizza la questione, è complessa, ondeggia tra due orientamenti differenti, e rimanda alle Sezioni Unite.

«Stabiliscano se a seguito di autorizzazione allo svolgimento di operazioni di intercettazione per uno dei reati di cui all’articolo 266 del codice di procedura penale le conversazioni intercettate siano comunque utilizzabili per tutti i reati oggetto del procedimento e se dunque la notizia di diverso procedimento di cui all’articolo 270 sia applicabile solo nel caso di procedimento ab origine diverso e non anche nel caso di reato basato su una notizia di reato emergente dalle stesse operazioni di intercettazione, ma priva di collegamento strutturale, probatorio e finalistico con il reato o i reati per i quali le intercettazioni sono state autorizzate», è il quesito. La risposta è nella sentenza Cavallo, che non solo definisce i confini delle connessioni tra i reati ma riafferma anche il principio per cui sono utilizzabili le intercettazioni motivate, autorizzate e normativamente possibili.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).