Un paio di amici di Forza Italia ieri si risentivano per le mie parole scritte qui. La verità fa male, lo so. E siccome sono sempre liberale, io, se vogliono, possono replicare. Intanto, chiariamo: anche se ne avrei ogni ragione, visti retroscena e offese altrui che corredarono l’addio che Forza Italia mi diede, non voglio offendere un movimento per il quale mi sono sempre pubblicamente esposto volentieri, e di cui ancora oggi parlo senza pregiudizio in ogni mia uscita. Ma proprio perché postulo l’indispensabilità sua (è l’unico rappresentante del Ppe in Italia) o di qualcosa di simile, la vorrei molto diversa e migliore. E soprattutto, vorrei sopravvivesse. Perché la sparizione di Forza Italia sarebbe blasfema e causa di problemi enormi per il centrodestra. Mi porrei il dubbio (anticamera della certezza, secondo Sant’Agostino) che io abbia ragione, visti i vertici da anni campioni di scuse per giustificare risultati deludenti e ingiustificabili, e il profluvio di messaggi di apprezzamento che ha raccolto, proprio dentro Forza Italia, quanto ho scritto ieri, e che la paesanata allestita a Paestum ha allargato ancor di più.

È molto diffusa infatti (anche tra i parlamentari), la percezione di essere su una zattera in balia della corrente determinata da altri, con “al comando politici ormai privi di idee, coraggio e comunicatività e seguito” (testuale, una deputata), che dopo tante battaglie (di cui sono il primo a ringraziarli) sono un problema (e dunque non possono essere soluzione). È la percezione anche di chi Forza Italia la voterebbe ancora, ma ritiene di non poterlo più fare. Perché, orfano di Silvio Berlusconi (di cui ieri è stata molto bella la lettura per voce di Giancarlo Giannini dello strepitoso e visionario discorso tenuto al Congresso Usa), vede sulla scena altri leader e, attorno a loro, protagonisti più contemporanei. Perché -come mi spiegava un parlamentare- in tv nota un capogruppo (a me anche molto simpatico) che in romanaccio dice che la “discussione su un fatto non ancora delibato deve tornare nell’alveolo della civiltà”, o gente (anche qui, simpaticissima, per carità) che di sé dice: “Sono uno che non mi sottrae alle sfide, e avevo promesso che non mi avrei più candidato”. E li vede al posto che fu di Antonio Martino, Giulio Tremonti, Giuliano Ferrara, Renato Brunetta e vari altri. Perché non nota un’idea che sia una, o facce nuove e carismatiche. Fermate 100 italiani per strada, e chiedetegli: “Mi dici un’idea di Forza Italia?”.

Scoprirete che fanno scena muta. Poi, la rassegnazione assume carattere simpatico quando circola la battuta di un giovane deputato: “Altro che rottamazione. Qui bisognerebbe invertire il palco, dove salgono sempre gli stessi, con la platea che ha sete di futuro”. Anche se ieri almeno c’era Paolo Del Debbio, uno da spirito vero, delle origini. Dopo di che, imbarcare grillini nati ruttando ‘Vaffanculo’ nelle piazze, proprio contro voi e Silvio Berlusconi (lo ‘psiconano’, lo chiamavano) comunica a quei ragazzi (tanti, ieri) arrendevolezza e concezione della politica come puro teatrino, per giunta trasformista. Tutte cose contro cui Forza Italia nacque. Questa distanza quel che è oggi e come era stata disegnata Forza Italia dal suo geniale demiurgo, con allegata incertezza sull’ubi consistam del partito (zero proposte dal palco, vediamo oggi), la respirano tutti. Il ricordo di Silvio Berlusconi avviene per mano di vecchi suoi amici (anzitutto Antonio Tajani, che avrebbe anche la caratura giusta per favorire questo ricambio generazionale, ma esita), ma nei gruppi parlamentari la maggior parte di parlamentari quasi non conoscevano il Presidente. Sul territorio, qui e li, sono rimaste risorse su cui poggiare un tentativo di rilancio, ma anche ieri, zero novità.
Io dico che cambiare conviene a voi, e all’Italia che Berlusconi amava e voleva migliore, non targata Cartagine.
Pensateci.