In circostanze come queste – mi riferisco alle elezioni americane – è molto utile adottare quella che Togliatti chiamava “l’analisi differenziata”, che poi egli – sia detto di passata – applicò su varie forze politiche, compreso il fascismo al potere ma non sull’URSS (tranne, forse, che nel memoriale di Yalta). In primo luogo, la vittoria di Trump e del Partito Repubblicano è indiscutibile e ciò offre un primo elemento di riflessione. Trump ha il consenso di un pezzo cospicuo di voto popolare e di ceto medio. Già questo risultato mette in evidenza che si è trattato non solo di una sua vittoria, ma ancor di più di una sconfi tta della Harris e del Partito Democratico in quanto tale.

Per di più essendo Trump una personalità insieme pragmatica e imprevedibile, rimane da vedere se questi propositi verranno mantenuti, accentuati, o di molto attenuati. Qualora essi vengano mantenuti nella loro espressione estrema ciò implicherebbe una serie di catastrofi , all’interno stesso degli Usa, rispetto all’Europa e rispetto al quadro geopolitico mondiale segnato da un attacco a tre punte all’Occidente portato avanti in vario modo dalla Cina, dalla Russia e dall’Iran (questi ultimi due Stati agiscono sul piano militare-terroristico). È anche possibile invece che, visto il pragmatismo del personaggio, la gestione politica della vittoria sia diversa dalla sua espressione estrema. Comunque, l’entità di questo successo mette in evidenza l’inconsistenza sul piano della leadership dell’alternativa offerta dalla Harris e la debolezza espressa dai democratici in quanto tali.

L’ultima fase del governo Biden è stata segnata da una incredibile debolezza proprio sugli snodi di politica internazionale sulla quale egli si era più impegnato, vale a dire l’Ucraina per non parlare di Israele. In ogni caso, la presidenza Trump pone problemi enormi all’Europa, alla Nato, e all’Italia. Venendo al rapporto fra il nostro Paese e gli Usa l’inconsistenza della Harris e del Partito Democratico Americano presentano singolari somiglianze con l’inconsistenza della Schlein e del Partito Democratico Italiano; l’opposizione in Italia è fatta, talora in modo volgare e abbastanza repellente, dai conduttori di alcuni talk show e in modo francamente inaccettabile e forzato dalla Associazione Nazionale Magistrati su impulso di Magistratura Democratica. Veniamo però a una questione decisiva costituita dal nodo della politica estera e della difesa. Sin dai tempi di quando era alla opposizione e poi in modo netto quando è arrivata al governo, la scelta positiva della Meloni è stata quella atlantista con il netto sostegno a favore della Ucraina.

Col passare del tempo, però, questa posizione è stata attenuata e in parte addirittura contraddetta, come si è visto nel voto al Parlamento Europeo, dove l’Italia nel suo complesso ha fatto una pessima figura. Ebbene, quella avrebbe potuto essere l’occasione per un attacco del Pd al governo non sulle vicende grottesche tipo Boccia Sangiuliano ma su una questione decisiva. Ciò non è affatto avvenuto, anzi, sul tema Ucraina, prima la Schlein ha osservato il più assoluto silenzio, poi quando ha parlato ha assunto posizioni molto più ambigue e contraddittorie di quelle della Meloni: la premier e Tajani hanno sostenuto che l’Ucraina doveva usare le armi che riceveva solo sul suo territorio nazionale, e invece la Schlein è ancora di più Conte, Fratoianni e Bonelli, si sono detti contrari all’invio delle armi, il che era un modo per favorire la piena vittoria di Putin.

Per concludere, specie di fronte alla vittoria di Trump, e ai molteplici problemi che essa presenta, è indispensabile il rilancio di una autonoma posizione europea non solo sulla politica economica ma specialmente sulla politica estera e della difesa, con particolare riferimento al sostegno alla Ucraina. In questo quadro, proprio per spingere l’Europa in questa direzione, sarebbe indispensabile che si affermassero in Italia, al di là degli schemi correnti, posizioni riformiste all’interno del centrodestra, all’interno del centrosinistra e anche, viste le contraddizioni intrinseche a questo bipolarismo bislacco, anche una posizione al di fuori dei due poli. Certamente quello del Terzo Polo è stato un disastro, sì, ma la posizione riformista, garantista, europeista ed atlantica, rimane una esigenza di fondo, a maggior ragione di fronte alla presidenza Trump. E ha una forza politica intrinseca per cui è lecita la speranza che essa prima o poi trovi una leadership e una forza politica adeguata.