La vicenda della sentenza civile di appello con cui si rigetta la richiesta di risarcimento del danno avanzata dai genitori di una bambina nata molto prematuramente (alla 23esima settimana di gestazione), dopo poche ore deceduta e i cui resti mortali non furono rinvenuti univocamente al cimitero di Pozzuoli in seguito alla sepoltura, suscita – turbamenti a parte – notevoli questioni di ordine giuridico. Esiste una questione pubblica nazionale sulla possibilità del seppellimento dei feti, nel senso di diritto di questi ultimi a essere considerati cadaveri con tutto ciò che ne consegue. Nel caso concreto è sicuro che non siamo di fronte a un non “nato morto” ed è discutibile il ricorrere dell’altra dicitura normativa (orribile) di prodotti abortivi: la bambina era nata viva, anche se non ci sono elementi a sufficienza per conoscere se e quante probabilità avesse di sopravvivere e se avesse dato segni di vita autonoma (la cosiddetta vitalità) da cui dipende il seppellimento in aree apposite.

Il punto è giuridico centrale è che i giudici affermano che il diritto al culto dei morti non è legato al seppellimento, adducendo a riprova la possibile dispersione delle ceneri. Ma ciò dimostra, al limite, che esiste una varietà di modi di esercitare il diritto, con le loro peculiarità. Il giudice civile, infatti, nega nel caso concreto, ma non in generale, la sussistenza di un diritto costituzionalmente inviolabile e comunque almeno legislativamente connesso alla pietà per i defunti; dunque dice no al risarcimento, condannando i genitori alle spese.

Appare difficile, però, negare che il diritto costituzionale di libertà di culto dei defunti dall’articolo 19 della Costituzione esista nella misura in cui si estrinsechi tanto nell’osservanza dei riti funebri (la questione è venuta in rilievo con l’emergenza Covid) quanto sotto il profilo della predisposizione di adeguati spazi religiosi di sepoltura nei cimiteri comunali che ne caratterizzano – certo, non all’infinito – il possibile esercizio privilegiato. Le modalità di esercizio del diritto dipendono dal trattamento del cadavere disposto da chi poteva farlo legittimamente e le tutele di questo diritto dipendono dalla corretta esecuzione delle disposizioni, per cui non appare nient’affatto irrilevante che nel luogo della sepoltura ci sia effettivamente il cadavere o no.