“Possiamo domandarci perché Necaev mentisse, ricattasse, uccidesse. Lo faceva perché la “causa” ne aveva bisogno? O soltanto perché era un assassino e un bugiardo?” questa è la domanda, abissale, che scuote le pagine de “Il catechismo del rivoluzionario”, di Michael Confino: uno studio, analitico e vertiginoso, sulla figura del rivoluzionario nichilista Necaev, che tanto avrebbe affascinato, nelle sue multiformi espressioni, intellettuali, filosofi, psicologi, letterati, da Dostoevskij a Camus.
In Necaev, balugina quell’insondabile mistero posto da un’altra domanda, che Dostoevskij avrebbe rappresentato tra le pagine di “Memorie del sottosuolo”: “Dunque l’uomo ama costruire, e tracciare strade, è pacifico. Ma da che viene che ami appassionatamente anche la distruzione e il caos?”.

La tentazione del male e del nulla, al di là di qualunque dimensione vagamente religiosa o politica, è una tentazione che cresce, inevitabilmente, in società deboli e del tutto vuote. Ogni spazio vuoto, dentro cui fluttuano noia, stasi, inerzia, senso di abbandono, non può che essere occupato dal male, che come ammoniva Cioran “al contrario del bene, ha il duplice privilegio di essere affascinante e contagioso”. Perché nessun vuoto sarà davvero mai del tutto vuoto, esisterà sempre la irriducibile necessità che quello spazio cieco, informe, si colmi, assecondando la dinamica del plasmare il vuoto, “la forma è vuoto, e il vuoto in realtà è forma”, come insegna la dottrina buddhista del Sunyata.

Nel vuoto occidentale, nella estrema debolezza di un frainteso senso di tolleranza si è assistito alla crescita fascinatrice di un senso romantico di male. Emmanuel Carrère in ‘V13’ riporta una citazione di Simone Weil a proposito di quanto il male immaginato sia romantico, romanzesco, vario, mentre quello reale è del tutto incolore.

Eppure siamo esposti quasi sempre e solo a una narrazione di un male immaginifico, mai al peso di quello reale.
La realtà fattuale dell’Occidente è che la noia sempre più tetra di eterne periferie prive di tutto, soprattutto di qualunque connessione a una ipotesi di identità, intendendo per periferia l’essere umano posto ai margini di se stesso, abbandona in una deriva compiuta chiunque cerchi di trovare un legame, pratico o metafisico, con una forza che sappia popolare e vivificare quel vuoto.

L’esercizio della violenza è un mito mobilitante, elettrico e in apparenza salvifico agli occhi di individui che assistono giorno dopo giorno all’inabissarsi del mondo in cui vivono dentro un corto circuito di debolezza: li hanno chiamati foreign fighters ma erano individui che dalle pingui città occidentali correvano nelle braccia dell’ISIS e del fondamentalismo come molti andrebbero in un resort dei Caraibi.

Per provare il brivido della vita e della forza, cosa che ormai queste nostre città non sanno, non possono garantire.
E già tornano i cattivi maestri di un tempo ad agitare le piazze, nella saldatura di un insurrezionalismo esistenziale. Intendiamoci, gli ex terroristi hanno il loro diritto di re-inserirsi e di partecipare alle manifestazioni di piazza, anche le più astruse.

Ma, non per caso sembra, quando finiscono a parlare in questa galassia di centri sociali e terzomondismo rivoluzionario non ricordano le loro gesta di sangue con memoria critica, ma quasi sempre con spirito di revanche.

Questi miti del nulla capaci di scatenare forze interiori inespresse rappresentano il prisma della mobilitazione totale per come l’ha intesa Ernst Jünger, “ogni vita sia convertita in energia, ogni legame sia sempre più precario a favore della motilità”.

Ed è invero difficile stupirsi, stupirsi davvero, se le strade delle nostre città sono percorse da migliaia di individui che, al di là degli immigrati che direttamente provengono da teatri di conflitto, cercano questo brivido, questa energia che solo distruzione, nulla e male sanno garantire. E la cui eco si riverbera con ancora più forza nel vuoto e nel silenzio di città morte, prive di una guida, di un senso, di una qualche identità, che per troppo tempo i chierici operosi della debolezza hanno vilipeso e nullificato.